La carica delle vergini laiche (che hanno sposato il Signore)

Raduno in seminario per duecento donne che hanno scelto la castità. "Sola o pentita? Per niente, Gesù è una persona e te la senti accanto"

La carica delle vergini laiche (che hanno sposato il Signore)

Che cosa c'è di più provocante della verginità? Forse nulla e vedere oltre duecento donne che hanno sposato Gesù e vivono una vita di castità in mezzo alle cose di tutti i giorni è un punto interrogativo gigantesco che si disegna negli occhi di chi le incontra. Ma non nei loro. «“Lascia stare, non è pane per i tuoi denti, fai una brutta figura, è una consacrata”, dicono agli uomini che ancora non mi conoscono. Di solito segue stupore e confusione: non è una suora, non è sciatta né dimessa. Come può essere?». Racconta Maddalena Mazzeschi, 51 anni, bella donna bruna e ben vestita. È titolare di un'agenzia di comunicazione che si occupa di vino con sede a Montepulciano e fa politica come impegno che le ha dato il suo vescovo. Sì, perché Maddalena è una delle 650 donne italiane dell' Ordo Virginum , l'antichissimo ordine delle vergini, riportato in vita dal Concilio Vaticano II. Come se non bastasse, vive in mezzo a gente che certo non ha il problema della povertà materiale. Contraddizioni che sembrano stridenti. «La mia vocazione è nata perché Dio mi diceva: non possiamo abbandonare queste persone perché sono ricche e potenti. Sono venuto a salvare tutti, non solo i poveri. E così eccomi in mezzo a questo mondo nel quale mi ha mandato a dare la mia testimonianza». A lenire povertà spirituali forse ancora più gravi.

Per diventare una vergine consacrata, per esser ammessa al rito, non si richiede una verginità fisica. «È la castità dal momento della chiamata a essere fondamentale. Non abbiamo uomini perché abbiamo scelto Cristo come sposo». Se anche c'è stata una caduta, o in casi limite eppure drammaticamente veri, una violenza, Gesù fa nuove tutte le cose e può restituire una verginità fisica perduta. Bisogna essere battezzate e cresimate, non essere mai state sposate né aver vissuto pubblicamente in uno stato contrario alla castità (insomma, niente convivenze alle spalle) ed essere economicamente indipendenti. Perché, a differenza dei sacerdoti, le vergini consacrate non hanno seminari né rendite e devono cavarsela da sé.

Vita dura, si direbbe a pensarci, e senza consolazioni. Ma quando ti trovi in mezzo a loro capisci che pur tra mille ostacoli c'è qualcosa dentro. Qualcuno. «Certo, mai che mio marito pensasse a tagliare l'erba del pratino oppure a far quadrare il bilancio familiare - scherza Maddalena - ma Gesù è una persona e tu la senti accanto. Non è una rinuncia ciò che ho lasciato, ho lasciato una cosa grande come il matrimonio per qualcosa di più grande». Non tutte sono come Maddalena, perché la particolarità dell 'Ordo Virginum è anche in questa regola personalizzata, per così dire concordata con il vescovo, e ci sono donne che vivono in piccole comunità, altre da sole, e ciascuna sottoscrive impegni suoi. A parte la promessa di castità e l'obbedienza al vescovo (pur senza voto), che valgono per tutte. Qui insieme dicono la Messa, si riuniscono per intonare canti, passeggiano per i corridoi del seminario di Venegono.

Ognuna racconta con toni suoi la verginità e il rapporto d'amore con lo Sposo. Non vi mancano gli uomini in carne e ossa? «A volte siamo in difficoltà, come in tutti i matrimoni. Come le donne sposate, nelle situazioni normali, può persino arrivare la voglia di cercare alternative. Ma a salvarmi, credo di poter dire a salvarci, è questo rapporto fisico con il Signore. È lui a essere fedele. Quante volte me ne sono resa conto» dice Gloria, geologa di Milano, che ha abbandonato il suo lavoro per una casa editrice e poi la casa editrice per Nocetum, un borgo nei dintorni dell'abbazia di Chiaravalle da far rivivere e rendere accogliente anche per le persone svantaggiate. I problemi di soldi non mancano, a lei come ad altre. Anna Rosalia, di Bari, vive con la mamma di novantatré anni. Sentirmi sola? «Mi sento in compagnia più di molte coppie che incontro nel mio lavoro di insegnante. Ho rinunciato al mio desiderio di maternità e mi sono ritrovata con tantissime figlie: ragazze albanesi di diciassette o diciotto anni con bambini. Spesso sono bambine le madri, come i figli». Vergine e madre.

Rosalba, 38 anni, arriva dalla Puglia e vive a Roma. Essere vergine le consente di essere madrina di 12 figliocci e accompagnare spiritualmente giovani, studenti, docenti e persino sacerdoti. Rosella, di Pavia, che di anni ne ha 48, è impiegata in un'azienda di servizi alla persona, settore gare d'appalto.

«Mi dedico soprattutto al carcere e spesso mi chiedono: “ma perché proprio con queste persone?” Io rispondo sempre che se fossi nata nelle loro condizioni, chissà. Mi manda in crisi a volte fare catechesi ai pedofili, però poi mi dico: se il Signore è morto per tutti, la salvezza non dipende da noi. Io non sono un giudice». Essere vergine significa anche questo.

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