Il Carroccio: niente rimpasto Conte per ora regge la scossa

Il leader Salvini conferma il doppio binario e blinda il governo. Ma avverte: «Le Europee saranno test politico»

Il Carroccio: niente rimpasto Conte per ora regge la scossa

Comprensibile dilatazione dell'Ego, certo. Narciso che rimira la propria plastica vacuità, sicuro. Napoleone che fa capolino, perché no, teso a sognare la gloria degli altar. Eppure quando il premier Giuseppe Conte incorre ieri a Potenza nel buffo lapsus - «quale presidente della Repubblica, sono garante della coesione nazionale» - non è solo Freud a dover essere interpellato, forse, perché in terra e in cielo ci sono più cose di quante se ne possano immaginare. Cosa avrà spinto allora Conte ad autonominarsi mentalmente inquilino del Quirinale? Detto in un sospiro: Conte ha la testa al Colle, perché da ieri sa che a Palazzo Chigi siede un altro, un «premier fantasma». Che pure, in carne e ossa, riceve i delegati venezuelani e parla al telefono con il golpista Guaidò in una sorta di «reciproco riconoscimento». E in assenza di autorità di governo superiori.

Puro spirito, politica allo stato brado, onda che persegue il suo progetto di forza e umilmente chiede tempo al tempo. Il nuovo «capo» è apparso a Conte e Di Maio in tutta la sua munificenza già nella notte abruzzese con paroline luminose, rassicuranti, protettive. «Non vogliamo rimpasti, non vogliamo ministri. Non mi interessano i sondaggi, non mi monto la testa, per il governo non cambia nulla. La Lega non impone niente a nessuno. Più voti prendiamo più umili restiamo. Non chiediamo una riga in più nel programma, non è all'ordine del giorno. Si va avanti, c'è un contratto che vogliamo rispettare e quando io do la mia parola, il contratto lo onoro fino in fondo». Al contrario del «Gattopardo», nulla cambia al governo perché tutto cambi. Mai nessun alleato s'è rivelato così premuroso come Matteo Salvini con i grillini, usando persino le parole giuste al posto delle tante ugole che ieri risultavano spompate, sfinite, attonite. «I grillini non hanno nulla da temere: si è trattato di un voto connotato da fattori locali, tipici delle amministrative». La rivincita, leniva le ferite Salvini, ci potrà essere già alle Europee, «che sono un'altra cosa, un voto più libero e sganciato dalle preferenze, un voto di opinione e, dunque, quello sì un dato politico». Onore delle armi e un attestato, anche personale, di stima, quello del capo leghista agli alleati in gramaglie: «Ho messaggiato più volte con Di Maio. I Cinquestelle lavorano tanto e bene, capitano delle battute d'arresto. Noi abbiamo una presenza sul territorio e una presenza amministrativa che ci avvantaggia a livello locale, non penso che i grillini debbano farne un dramma. In questi mesi ho trovato una squadra di governo coerente, leale e competente e in Di Maio una persona seria e anche un amico al di fuori delle scelte politiche». Non dimentica, tra le «tante cose ancora da fare», neppure i temi cari all'«amico Luigi», quali «ambiente e acqua pubblica».

Una dinamica si è messa in moto e sembra destinata a produrre grandi sorprese in futuro, assodato che dall'esperienza dell'alleanza è solo il leader della Lega a guadagnarci. Come nella Grosse Koalition tra Spd e Merkel, i primi portano acqua al mulino e la mugnaia fa affari d'oro.

Con l'enorme differenza, però, che Salvini ha già lanciato l'Opa sui voti grillini, quando quel frastagliato mondo arriverà al big bang. Fino ad allora, è il linguaggio pane al pane di un esponente leghista a dare il senso della realtà visibile: «Ma dimmi tu, un altro Di Maio, noi, dove potremmo mai trovarlo...?».

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