Dopo il cortocircuito sul Superbonus, la direttiva sulle case green minaccia di rivelarsi un nuovo pesante balzello per gli italiani. La normativa, per cui l'Italia ha votato contro, entrerà in vigore il 28 maggio e stabilisce nuove misure che imporranno ai governi europei un miglioramento strutturale dell'efficienza energetica degli edifici per abbattere i consumi energetici e le emissioni di CO2 nei prossimi anni. Questo, secondo un'analisi di Deloitte, obbligherà gli italiani a spendere tra gli 800 e i mille miliardi. L'equivalente in euro di 3-4 Pnrr. E le strade da prendere non prevedono sconti.
Per il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin si potrebbe ricorrere ancora una volta alla leva fiscale, ma in modo controllato per scongiurare le distorsioni del Superbonus. Il ministro sostiene che per i contribuenti che hanno redditi elevati «si potrebbe introdurre una detrazione con aliquota da definire. Per chi ha redditi bassi occorre un altro sistema. Anche con un contributo diretto dello Stato. Per gli edifici pubblici si possono coinvolgere le Esco, società che finanziano gli interventi e per un po' si tengono il risparmio energetico, e usare il Conto termico del Gestore dei servizi energetici (Gse)».
Per riqualificare il patrimonio immobiliare nazionale e attuare la direttiva, così come scritta da Bruxelles, saranno necessari interventi massicci: in Italia oltre 8 edifici residenziali su 10 sono obsoleti, con l'83% degli edifici residenziali italiani che è stato costruito prima del 1990 e più della metà (57%) che è risalente a prima degli anni Settanta. Secondo la rielaborazione di Deloitte (su dati Istat), nel 2024 il parco immobiliare italiano è costituito da più di 13 milioni di edifici, di cui circa l'89% ad uso residenziale. E secondo lo studio la percentuale di immobili di classe energetica F e G è oltre il 60%. Un unicum: in Germania arrivano al 45%, in Spagna al 25% e in Francia appena al 21%. Una situazione, quella italiana, che inevitabilmente peserà sull'equilibrio dei parametri finanziari Ue.
«Il parco immobiliare residenziale italiano rappresenta circa il 55% della ricchezza complessiva delle famiglie italiane (6 trilioni su 11). Per questo, è necessaria una strategia. L'adeguamento del patrimonio immobiliare alle previsioni della direttiva EPBD richiederà, infatti, soluzioni tecniche non solo per i singoli edifici, ma anche a livello infrastrutturale», ha commentato Angela D'Amico, real estate sector leader di Deloitte Italia. Quanto alla sua attuazione, la Commissione prevede che ogni stato membro possa declinare la normativa in maniera autonoma, purché almeno il 55% del calo di energia derivi dalla ristrutturazione degli edifici con classi energetiche meno efficienti. Per questo, le scelte di governo saranno fondamentali.
Secondo Claudio Scardovi, Partner Deloitte responsabile per M&A e private equity però, è possibile «rendere la direttiva un'opportunità per il
Paese. Per farlo serve una soluzione sistemica capace di indirizzare le criticità patrimoniali ed economiche che la direttiva potrebbe far ricadere sui cittadini e sul sistema bancario in assenza di una strategia coordinata».
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