Caso Open, rissa in aula Renzi-pm

L'ex premier: "Di lei non mi fido. E che fa, mi vuol processare per un'intervista?"

Caso Open, rissa in aula Renzi-pm

Che il clima fosse caldo, intorno all'udienza preliminare per il caso Open, si era già intuito dalle prime ore del mattino, quando era uscita La Stampa con una intervista di Matteo Renzi assai critica verso i pm che lo vogliono portare a processo per finanziamento illecito della sua fondazione. Ma quanto avviene poi, nell'aula a porte chiuse del tribunale di Firenze, segna forse il punto più aspro mai raggiunto nello scontro tra politica e giustizia. Perché al termine dell'udienza il procuratore aggiunto Luca Turco imbraccia un tablet e va da Renzi chiedendogli conto delle dichiarazioni al quotidiano torinese. «Lei rilascia queste interviste!» lo accusa il pm. «Io di lei non mi fido, l'ho sempre detto e glielo ripeto in faccia, dei magistrati che violano la legge non mi fido» ribatte l'ex presidente del Consiglio. «Lei fa bene a non fidarsi di me», è la gelida risposta di Turco. Nell'aula di udienza la tensione sale. Renzi prende Turco di petto: «E poi adesso cosa mi fa? Mi processa anche per le interviste?». E ancora: «Lei è quello che ha arrestato i miei genitori, che poi sono stati assolti».

Renzi e i suoi avvocati lasciano l'aula, di lì a poco lo scontro frontale avvenuto davanti al giudice trapela all'esterno. Anche perché a mandare il leader di Italia Viva su tutte le furie non è stato solo il comportamento del pm Turco ma anche quanto accaduto prima, quando Turco e il suo sostituto Antonio Nastasi lo hanno indicato come «imputato principale», per poi chiedere e ottenere un rinvio di due mesi per esaminare carte. «In un processo non esistono imputati principali», sbotta Renzi. E poi: «Insomma, prima ti indagano, ti processano sui giornali e poi quando si arriva al processo invece che andare a processo, chiedono il rinvio».

Il senatore fiorentino è un fiume in piena. Il motivo del rinvio, d'altronde, non verte su un tema marginale: le carte che i pm vogliono leggere sono il provvedimento della Corte Costituzionale che ammette il conflitto sollevato contro di loro dal Senato per avere intercettato Renzi nonostante l'immunità parlamentare. E a scaldare il clima c'è la nuova denuncia presentata da Renzi a Genova contro Turco e Nastasi, che nonostante la Cassazione avesse ordinato di restituire i telefoni sequestrati e distruggerne la copia del contenuto l'hanno trasmesso invece al Parlamento. Dice Renzi: «Se la Corte di Cassazione dice al pm distruggi il materiale che hai sequestrato e il pm non lo distrugge questo è, secondo me, o eversivo o anarchico. E glielo vado a dire in faccia».

A rendere ancora più grave quanto avvenuto ieri in aula, secondo l'ex capo del governo, c'è il ruolo ricoperto da Turco. Che non è un semplice pm ma è il procuratore aggiunto di Firenze, e da quando il suo capo Creazzo ha dovuto lasciare il posto sta dirigendo l'ufficio, in attesa che il Csm nomini il nuovo procuratore. «Questo - dice Renzi - è il pm che porta via i telefoni a trenta incensurati con un provvedimento illegittimo e glieli restituisce undici mesi dopo disobbedendo alla Cassazione». E ribadisce: «Comportamenti anarchici ed eversori».

L'impressione che se ne cava è che ormai lo scontro abbia raggiunto il punto di non ritorno: e che Renzi consideri i comportamenti «illegittimi» dei pm fiorentini solo un pezzo di una manovra più vasta in corso.

«Se qualcuno pensa di minacciarmi o intimidirmi non mi conosce», fa sapere. Prossima puntata: 1 dicembre, quando Renzi chiederà conto di quanto sta accadendo al ministro della Giustizia Carlo Nordio nel question time nell'aula del Senato.

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