È un dibattito sempre più infuocato quello in corso in commissione Giustizia al Senato sul ddl Zan contro l’omotransfobia. Tanto che Pd, M5S e Leu, che accusano il presidente leghista Andrea Ostellari di ostruzionismo, vorrebbero chiudere la partita portando in aula a Palazzo Madama il testo approvato alla Camera, senza ulteriori modifiche. Contraria ad una forzatura, invece, Italia Viva, che vorrebbe evitare spaccature all’interno della maggioranza di governo e chiede una mediazione.
Il dibattito in Senato
Ma anche tra i renziani c’è chi sostiene la linea dura, come il sottosegretario all’Interno, Ivan Scalfarotto, che definisce un "grave errore trattare con la destra sul ddl Zan". "Lega e Fdi vogliono solo affossarla", attacca. "Su un argomento come questo - è convinto - non è possibile alcuna forma di compromesso". "La spaccatura è insanabile: o stai da una parte o dall'altra". "Io sono convinto che il dialogo sia un grande valore, sull’inasprimento delle sanzioni per le aggressioni che hanno come movente la discriminazione delle persone omosessuali gli spazi di accordo ci sono, se poi qualcuno ha qualcosa da nascondere e vuole usare questa giusta rivendicazione per cancellare le parole mamma e papà o mettere in galera per omofobia i preti che leggono la Bibbia, come è successo in questi giorni in Gran Bretagna, lo dicesse apertamente", è la replica del senatore leghista, Simone Pillon, raggiunto al telefono dal Giornale.it.
In commissione, rivendica Pillon, "si sta promuovendo un ampio dibattito che coinvolge la società civile, anche legata alla sinistra". "Stiamo ascoltando associazioni, esperti in campo giuridico, medico, psichiatrico, filosofi del diritto,altro che pregiudizi e stereotipi", continua il senatore. In effetti, non sono soltanto i leghisti, e il centrodestra in generale, a sollevare perplessità sul Ddl. Francesca Izzo, fondatrice del movimento femminista "Se non ora quando?", mercoledì in commissione Giustizia ha posto l’accento su alcuni "temi problematici". Tra questi ci sono la "scelta di adottare identità di genere per riferirsi ai transessuali" e l’annullamento della "differenza sessuale".
Le critiche al Ddl Zan
In particolare, gli articoli nel mirino sono il numero 1, il numero 4 e il numero 7. Il primo, sdogana un concetto da molti ritenuto critico, come quello della "identità di genere", intesa come "identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione". Per i critici del ddl, inoltre, l’articolo 4 aprirebbe ad un possibile "reato di opinione" per quelle idee considerate "discriminatorie", mentre l’articolo 7 viene definito un cavallo di Troia per far entrare "l’ideologia gender nelle scuole" attraverso le iniziative per la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia.
Il tema delle possibili conseguenze nella società dell’approvazione del Ddl Zan è stato al centro di una conferenza stampa al Senato in cui l’associazione Pro Vita e Famiglia ha presentato un report sulle "violazioni delle libertà fondamentali causate dalle leggi sull'omotransfobia", alla quale hanno partecipato anche i senatori Pillon, Lucio Malan, di Forza Italia, e Isabella Rauti, di FdI.
Il dossier sugli effetti delle leggi sull'omotransfobia
"In molti dei Paesi in cui sono in vigore leggi come il Ddl Zan abbiamo assistito a compressione di queste libertà", ha spiegato il vice-presidente dell’associazione, Jacopo Coghe. "Nel testo di questo ddl – incalza - non c’è chiarezza su cosa sarà lecito dire e cosa no, sarà ancora possibile fare campagne per dire no all’utero in affitto e alle adozioni per i gay, o si rischierà una denuncia?".
Il dossier documenta decine e decine di episodi di censura: dal caso di Sylviane Agacinski, filosofa e femminista francese cacciata dall’università per essersi opposta all’utero in affitto, a quello di Lynsey McCarthy-Calvert, portavoce delle ostetriche del Regno Unito, costretta a dimettersi dal suo incarico per aver affermato che "solo le donne partoriscono". Per aver espresso lo stesso concetto, Jenny Klinge, parlamentare norvegese, è stata denunciata. Non è andata meglio ad una donna che in Gran Bretagna, è stata arrestata per essersi riferita ad un trans secondo il suo sesso biologico. Gli episodi registrati nel report sono tantissimi. Anche in Italia negli ultimi anni ad essere accusati di "omofobia" sono stati imprenditori come Guido Barilla, la showgirl Lorella Cuccarini, l’attuale ministro della Giustizia, Marta Cartabia, e persino gli stilisti Dolce e Gabbana.
"Questo approccio fa male a bambini e ragazzi, chi ci assicura che chi si rifiuta di far partecipare i propri figli ai progetti per promuovere ‘rispetto e inclusione’ promossi dal ddl Zan non venga additato come omofobo?", protesta Maria Rachele Ruiu, della stessa associazione. "Se l’articolo 7 non serve ad entrare nelle scuole per indottrinare i bambini, - protesta ancora l’attivista - perché è stato rifiutato un emendamento per il consenso informato da parte dei genitori? Cosa dovete insegnare ai miei figli che io non possa sapere?".
L’ultimo caso problematico ricordato dagli attivisti, è quello delle linee guida gender diramate dall’Ufficio scolastico regionale del Lazio e subito rimosse, che tra le fonti citavano proprio il Ddl Zan. Il documento sulle "strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere" includeva anche la possibilità di predisporre bagni gender neutral e la possibilità per gli studenti di cambiare nome sul registro in base alla propria percezione, anche all’insaputa dei genitori.
"Questa legge tocca la realtà di tutti, bambini, studenti, ma anche imprenditori, che si ritroverebbero con la polizia politica in azienda: se qualcuno rivendicasse alcunché di associato alla propria identità di genere avrebbe la meglio rispetto agli altri", protesta il senatore Malan, convinto che oggi, in Italia, gli omosessuali non siano discriminati. Neppure per Isabella Rauti, del partito di Giorgia Meloni, ci sarebbero "vuoti legislativi da colmare" in questo senso. Anzi. Il ddl avrebbe una "portata minacciosa rispetto alla libertà di opinione", lasciando una "discrezionalità altissima al giudice".
"Probabilmente – osserva - la maggior parte delle cose che stiamo dicendo qui oggi sarebbero sanzionabili". "Questo Ddl – attacca Rauti - non vuole combattere la discriminazione ma punire chi non si allinea al furore ideologico di chi vorrebbe imporci la cultura gender". "Io – rivendica – sono convinta che un bambino abbia bisogno di mamma e di un papà, sono contraria alle adozioni per le coppie gay e all’utero in affitto, e penso che anche chi dissente rispetto al Ddl zan dovrebbe continuare ad avere la libertà di dirlo e pensarlo".
Intanto la partita per l’approvazione del Ddl a Palazzo Madama resta aperta. "La sinistra a parole si divide ma non si sa cosa succederà quando si tratterà di votare", commenta il senatore Pillon.
"Nel frattempo, - aggiunge – a differenza di quanto è successo alla Camera, dove sono stati contingentati i tempi e tagliati gli emendamenti, qui si sta facendo un dibattito ampio e approfondito, grazie al quale sempre più senatori stanno prendendo coscienza di cosa rappresenti davvero il Ddl Zan".Tanto che, assicura il leghista, "più di un collega di centrosinistra, in privato, mi ha assicurato che si rifiuterà di votarlo proprio per i suoi aspetti ideologici considerati inaccettabili".
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