Alle 23 in punto partono i sondaggi e si capisce che Fratelli d'Italia ha vinto. Fabrizio Masia, che legge i dati al Tg3, dà il partito di Giorgia Meloni, che ha votato a 10 minuti dalla chiusura dei seggi per evitare assembramenti, fra il 22 e il 26 per cento alla Camera. Il Pd, che lottava per diventare il primo gruppo, è molto indietro, fra il 17 e il 21 per cento e nello specchietto retrovisore Enrico Letta vede Giuseppe Conte e i 5 Stelle che con una clamorosa rimonta sarebbero fra il 13,5 e il 17,5 per cento.
Le percentuali si devono ancora assestare ma la vittoria del centrodestra sul centrosinistra pare nettissima: il centrodestra alla Camera sta fra il 41 e il 45 per cento, il centrosinistra e 15,5 punti indietro, fra il 25,5 e il 29,5 per cento. Un abisso.
E al Senato la situazione è identica alla virgola.
Anche la proiezione dei seggi dall'idea di questo stacco. Il centrodestra avrebbe una solida maggioranza alla Camera: fra 227 e 257 seggi su un totale di 400 deputati, tagliati di un terzo dopo la riforma voluta dai 5 Stelle, il centrosinistra e nella forchetta 78-98, mentre il partito di Conte e fra 36 e 56. Infine, Azione del duo Renzi Calenda non sfonda e raggranella fra 15 e 25 seggi. Anche al Senato, dove di solito le maggioranze di qualunque colore hanno ballato pericolosamente, il centrodestra dovrebbe passare agilmente quota cento, attestandosi fra 111 senatori, sempre secondo Masia, e 131 senatori, il centrosinistra sarebbe schiacciato fra 33 e 53 e i 5 Stelle più indietro fra 14 e 34.
A mezzanotte tanti dubbi devono ancora essere sciolti, ma le tendenze paiono chiare.
A cominciare dal crollo del voto: la discesa, inarrestabile elezione dopo elezione, continua e l'asticella scende sotto il 70 per cento, fermandosi intorno al 64 per cento.
Siamo lontanissimi dal 73 per cento del 2018 e la caduta e ancora più accentuata al Sud, dove storicamente il partito dell'astensione è più forte, mentre frena al Nord, con Lombardia. Veneto ed Emilia-Romagna saldamente sopra il 70 per cento.
E però chi si era illuso che il voto fosse in controtendenza, come pure era parso a mezzogiorno, viene smentito dai fatti. La disaffezione c'è e aumenta, non hanno inciso la pandemia, la guerra, la presunta paura sul ritorno del fascismo, gli anatemi scagliati da leader e quotidiani stranieri.
L'inflazione, la crisi energetica e il folle aumento delle bollette hanno spinto uno spicchio della popolazione a disertare le urne.
C'è ormai un pezzo molto grande del Paese, vicino purtroppo al 45 per cento, insomma quasi la metà dell'Italia, che non crede più nel voto e nella possibilità di modificare la realtà in meglio.
Per il resto, i sondaggi vengono confermati dai primi exit poll: la Lega, sedi di Masia, sta fra l'8,5 e il 12,5 per cento, Azione e Forza Italia sono quasi appaiate in una sorta di duello al centro assai suggestivo: Azione sta fra il 6,5 e l'8,5 per cento, Forza Italia e dietro di un'incollatura, fra il 6 e l'8 per cento.
Intorno all'una arriva anche la terza proiezione Swg al Senato; Fratelli d'Italia e al 26,1 per cento, il Pd e sotto la linea del 20 per cento, al 18,7 e la distanza dai 5 Stelle, al 16 per cento, non è poi così grande. Anche la Lega è nella parte bassa della forchetta all'8,8, tallonata da Forza Italia all'8,2 per cento, dunque vicinissima al partito di Salvini, e davanti ad Azione che si ferma al 7,7. La meta del 10 per cento, quella che avrebbe rimesso in gioco Draghi o comunque un governo non di destra, resta lontana.
Il terzo polo in realtà è il quarto: all'exploit di Conte , sia pure con cifre lontanissime dal passato glorioso, corrisponde un risultato così della coppia Renzi-Calenda.
L'alleanza fra sinistra radicale e i Verdi dovrebbe superare lo sbarramento del 3 per cento, + Europa
lotta con i decimali, gli altri dovrebbero essere fuori.Alcuni collegi del Sud potrebbero fare la differenza. In ogni caso il centrodestra è al 44 per cento, il centrosinistra al 26. La distanza è addirittura di 18 punti.
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