«Una caduta di stile». Così Antonio Tajani bolla l'ultima dichiarazione di Ursula von der Leyen sul voto in Italia. Il vicepresidente e coordinatore nazionale di Forza Italia è in giro per in Campania dov'è capolista, da Castellabate ad Avellino a Benevento, per gli ultimi comizi prima dell'appuntamento con le urne di domani. Ed è molto disturbato dalle polemiche innescate dalla presidente della Commissione europea. La von der Leyen ha detto che se le elezioni porteranno ad una «situazione difficile» a Bruxelles hanno degli strumenti da usare.
Un'ingerenza alla fine della campagna elettorale?
«È sorprendente che la von der Leyen, solitamente prudente, faccia dichiarazioni del genere. Vorrei ricordare che l'Italia è uno dei Paesi fondatori della Ue, la seconda potenza industriale europea e che qui i cittadini votano liberamente, non ci sono pericolosi eversori da contrastare e nessuna emergenza democratica».
Quel riferimento a Ungheria e Polonia suona male.
«Certo. Che si vuol dire? Che se si vota in una certa maniera ci sanzionano? In Italia, poi, se vogliamo fare paragoni, la situazione è al contrario dei Paesi citati: qui i magistrati hanno semmai troppo potere, non poco. E poi, c'è ancora Draghi a Palazzo Chigi».
Dalla Commissione è poi venuta una precisazione: la Commissione lavorerà con qualsiasi governo e non vuole interferire nelle elezioni italiane.
«Si è fatta marcia indietro. Ma consiglierei più prudenza per il futuro e lo dico anche per la mia passata esperienza da presidente dell'Europarlamento. Sarebbe grave se si volessero seguire le orme del socialista Timmermans».
Il vicepresidente olandese della Commissione europea i primi di settembre ha detto che «l'agenda sociale di questa destra mette paura» e lei ha definito la sua «un'interferenza inammissibile». Ma la von der Leyen è nel Ppe come Forza Italia.
«E vorrei ricordarle che nel suo ruolo di vertice è arrivata, e con un piccolo scarto, proprio grazie ai nostri voti, quelli dei popolari e quindi degli azzurri. Altrimenti, al posto suo ci sarebbe oggi proprio Timmermans, del Pse».
In un tweet il Ppe ha sottolineato che la posizione di Fi è chiara: sostegno all'Ucraina contro la guerra illegale della Russia.
«I popolari europei ci conoscono bene, e senza tutto il centrodestra non si sarebbe votato per l'invio delle armi all'Ucraina. La nostra posizione è incontrovertibile e perfettamente in linea con il governo».
Ma l'attacco, più che a voi, sembrava indirizzato ai sovranisti della coalizione Meloni e Salvini.
«La frase della presidente della Commissione era rivolta all' Italia, che non è una Repubblica delle banane e merita rispetto. Il nostro è un Paese democratico e libero che crede nei valori dell'Ue e ha sempre dimostrato affidabilità. Non prendiamo lezioni da nessuno e non devono esserci dubbi sulla serietà del centrodestra. Voglio dire in modo molto chiaro che non credo ci sia da preoccuparsi in nessuna parte del mondo».
Il più duro è stato Salvini, che chiede scuse o dimissioni. Più cauta la Meloni, mentre Renzi invita la von der Leyen a rispettare il ruolo. Solo Letta parla di un semplice «malinteso».
«Io mi auguro che lo sia un malinteso e la precisazione del portavoce della Commissione europea dice questo. Di fatto, la von der Leyen ha dovuto correggere un errore, non so se voluto o meno. Le dimissioni comunque non sono possibili, non si può chiedere di andare a eleggere un nuovo presidente di Commissione.
Certamente, però, le sue all'università di Princeton sono parole che lasciano molto perplessi e rischiano di essere anche un'interferenza nella campagna elettorale. Non serve usare questo linguaggio, noi siamo europeisti convinti».
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