di Marcello Zacchè
Trasformando «Quello che non ho», come cantava De André, in «Quello che non c'è» si potrebbe trovare il titolo per le Considerazioni Finali lette ieri dal governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco. Una relazione ordinata, ricca di dati, statistiche e numeri rilevanti, ma forse troppo da ufficio studi (ancorché di alto livello) e un po' sotto le aspettative. Che erano, visto il momento storico in cui cadevano le Considerazioni Finali, all'alba della più grave recessione dalla seconda guerra mondiale, altissime.
Economista di fama mondiale, Visco conosce troppo a fondo sia i meccanismi di trasmissione delle politiche fiscali e monetarie, sia le dinamiche macroeconomiche per non aver elaborato, in questi ultimi 2-3 mesi, teorie e ipotesi su questa crisi economica da pandemia. I numeri, che lui stesso ha dato, sono così sconvolgenti e i tempi con cui si sono manifestati così brucianti, da rappresentare per un economista un caso reale che capita una volta nella vita. Un laboratorio a cielo aperto senza precedenti per ispirare i policy maker. Ma è evidente che il governatore ha preferito stare sulla difensiva, forse per non esporre Bankitalia, di fronte a una platea ristretta a 40 persone tra le quali spiccava l'ex numero uno della Bce Mario Draghi, a nessun tipo di strumentalizzazione. Il che è stato vero soprattutto per i possibili riferimenti politici alla gestione della crisi, presente e futura: inesistenti.
Sulla crisi della globalizzazione, per esempio, che spicca nell'era del coronavirus sia per aver anticipato la crisi con la questione dei dazi Usa-Cina, sia per essere poi implosa come modello di produzione e crescita internazionale, Visco non ha voluto addentrarsi o suggerire sviluppi. Di fronte a un Pil che, lo ha detto lui stesso, può calare del 13% nel 2020, la fame di indicazioni in questo senso è grande. E non per curiosità accademica, ma per fornire alle imprese italiane qualche idea sul domani.
E questo è il secondo aspetto poco approfondito. La crisi è di domanda e offerta, ma su questa seconda componente lo sconvolgimento in atto è così forte che l'intera catena del valore rischia di rompersi per poi rinascere con nuove geometrie. «Saranno premiate le aziende più dinamiche e innovative» ha detto il governatore, senza andare oltre. Anche se ha ribadito l'importanza degli investimenti, delle infrastrutture, delle riforme e in generale di una rottura con il passato.
Infine le banche. Di fronte all'operazione Intesa-Ubi, che sta dividendo il sistema iniziando a produrre tossine di cui non si sente alcun bisogno, Visco non poteva certo prendere posizione. Né qualcuno poteva pretendere. Ma sarebbe bastato un cenno all'esigenza del consolidamento del sistema, là dove il governatore ha avvertito che per le banche arriverà un'altra ondata di sofferenze, per segnare la linea.
O, al contrario, un'indicazione chiara sul valore della concorrenza nel mercato del credito e del risparmio. Visco ha invece preferito la totale neutralità, anche di principio quindi. Lasciando che siano le varie dinamiche tra le parti a sciogliere la questione. Prima ancora del mercato.
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