Il Pd riparte dal 17% delle ultime Politiche o dalle periferie? Di sicuro non riparte da Matteo Renzi e, sinceramente, non è neppure detto che il 2019 porti con sé una ripartenza.
Il Congresso del 3 marzo prossimo rappresenta per i democratici uno spartiacque tra il prima e dopo Renzi. Ma non solo. Dopo il ritiro di Marco Minniti, la corrente renziana si è definitivamente sfaldata. Ad appoggiare Nicola Zingaretti, infatti, non c’è soltanto l’ala sinistra del partito ma anche Paolo Gentiloni e Dario Franceschini, due ex renziani di ferro. L’ex premier, che deve il suo approdo a Palazzo Chigi proprio a Renzi, può definirsi un ‘novellino’ del tradimento, mentre per l’ex ministro dei Beni Culturali è consuetudine posizionare la sua corrente sempre al fianco del cavallo vincente. Stavolta, però, si è trattato di una scelta obbligata dal momento che sua moglie, Michela De Biase, è consigliere regionale nel Lazio e, quindi, parte integrante della maggioranza che sostiene Zingaretti. Matteo Richetti, invece, è stato il renziano che, per primo, ha capito che per sopravvivere era meglio ritirarsi dalla corsa e legarsi alla cordata del segretario uscente, Maurizio Martina che già godeva del sostegno di Graziano Del Rio. Luca Lotti e il 70% dei parlamentari renziani, orfani di un loro candidato, hanno seguito a ruota la scelta del capogruppo dem alla Camera, a eccezione di Roberto Giachetti e Anna Ascani. Questi ultimi, che potremmo chiamare gli ‘irriducibili’, hanno deciso di farsi portabandiera di un renzismo che, nei fatti, non esiste più, nonostante Maria Elena Boschi pare abbia deciso di appoggiarli. E Renzi? Si è dato alla tivù con i ben noti e scarsi risultati ma non ha smesso di sognare di tornare a Palazzo Chigi. “Non mollo di un centimetro”, ha detto, sebbene gli italiani abbiano mollato lui. Come riconquistarli? All’orizzonte c’è l’eventualità di lasciare il Pd per dar vita a un partito di stampo macroniano che, però, stando ai primi sondaggi, otterrebbe appena il 5%. Una scissione potrebbe essere mal vista, come quella che fecero Bersani e D’Alema e che, alla resa dei conti, si è rivelata un vero fiasco. Bersaniani e dalemiani che, qualora il Congresso fosse vinto da Zingaretti, potrebbero rientrare dalla finestra, magari ottenendo un posto nel “listone di sinistra” che si prefigura in vista delle prossime Europee.
Ma ben prima del Congresso e delle Europee vi sono altri appuntamenti elettorali che attendono i democratici. Stiamo parlando delle votazioni in Sardegna, Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna e Piemonte, l’unica Regione dove il Pd ripresenterà il presidente uscente Sergio Chiamparino, il solo ad avere ancora la speranza di giocarsi la partita (anche se è dato in svantaggio). In Sardegna, invece, l’uscente Francesco Pigliaru ha deluso notevolmente e ha scelto di non ricandidarsi. Ma non solo. Il Pd ha proprio rinunciato alle primarie e Massimo Zedda, eletto per due volte sindaco di Cagliari come esponente della sinistra radicale, è stato incoronato portabandiera della coalizione ma, nonostante la popolarità di cui gode, parte con un notevole svantaggio. Il verdetto si avrà il prossimo 24 febbraio, mentre il 10 febbraio si voterà in Abruzzo dove il Pd candida l’ex vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini perché il presidente uscente Luciano D’Alfonso, falcidiato dalle inchieste giudiziarie, ha optato per una vita da senatore. Non si conosce ancora la data delle Regionali in Calabria, il cui presidente, Mario Oliviero, è stato indagato per abuso d’ufficio e attualmente ha l’obbligo di dimora nel suo comune di residenza. Lui ha espresso la volontà di ricandidarsi ma, data la situazione, pare improbabile che questo accada, anzi l’ipotesi di scioglimento del Consiglio e di elezioni anticipate si fa sempre più vicine. Si parla di novembre o dicembre, periodo in cui si voterà anche in Emilia Romagna, una Regione dove il Pd dovrà faticare per frenare l’avanzata della Lega.
Qui, presumibilmente a maggio, in concomitanza con le Europee, si rinnoveranno anche i consigli comunali di cinque capoluoghi di Regione (Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Forlì e Cesena), tutti amministrati da sempre dalla sinistra. Mantenere queste posizioni sarà un’altra bella sfida per il nuovo segretario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.