È stata la giornata dei coccodrilli. Quante lacrime hanno versato i nostri esponenti politici e quante inutili parole hanno speso. È sempre lo stesso disco: quando la tragica vicenda dei due marò torna alla ribalta, la nostra classe dirigente pigia il bottone e fa partire la solita musica. Fateci caso: a parte alcune eccezioni, ogni volta che la situazione di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone appare drammatica (come il trasferimento in carcere in India o l'imputazione che prevedeva la pena di morte oppure il ricovero in ospedale di Latorre), allora la coscienza non tanto limpida della politica italiana si sveglia dal torpore e comincia a strillare. Ma, non appena la storia infinita dei nostri militari passa in secondo (o ultimo) piano sui media, il governo e i partiti ripongono subito le trombette e spengono il giradischi.
«Riportare a casa i marò è la nostra priorità», ha detto ieri il ministro della Difesa Roberta Pinotti. Quante volte abbiamo sentito questa frase negli ultimi due anni e mezzo? Il primo è stato Mario Monti, premier indimenticabile. Per lui la «priorità» era così alta che invece di tenerli a casa, quando ne aveva l'opportunità, li ha rispediti in India. Poi è stata la volta del premier Enrico Letta, che all'atto dell'insediamento ha indicato come «priorità» la liberazione di Latorre e Girone. È vero che il suo governo è durato solo otto mesi, ma la situazione non è cambiata. Infine, senza tralasciare tutti i ministri degli Esteri e della Difesa che si sono susseguiti e che hanno proferito il combattivo slogan, è arrivato Matteo Renzi. «Una priorità». Meno male. Se non fosse una priorità, probabilmente l'India avrebbe già impiccato i due marò. O, forse, l'Italia si aspetta che Latorre e Girone muoiano lontano da casa, tanto lì stanno già invecchiando.
Be', siamo stufi di sentire «è una priorità», sono solo balle. Balle che ci ripetono periodicamente, mentre i nostri fucilieri di Marina sono alla mercè di un Paese che si arroga il diritto di processarli, senza un capo d'accusa, violando tutte le norme internazionali, anche le più elementari. E l'Italia, nonostante tutti i magnifici annunci, è rimasta a guardare, ben attenta a non turbare presunti interessi economici. Un vero affare, visto che l'India ci prende a schiaffi anche in quel campo oltre in quello diplomatico. Chiedete a Finmeccanica.
Ma che Paese siamo? Perché non abbiamo il coraggio di difendere i nostri sacrosanti diritti, calpestati con spregio da chi non sa neppure dove la giustizia sia di casa? Dobbiamo vergognarci. Tutti.
Non abbiamo abbandonato due turisti in cerca di avventure, ma due servitori dello Stato. Due uomini che sarebbero stati disposti a donare la vita per l'Italia. E noi come li ripaghiamo?Ha ragione Giulia, la figlia amareggiata di Massimiliano Latorre: «Italia fai schifo».
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