"Chiamatemi 'il premier'". La Rai si ribella

Il sindacato ai giornalisti: "Usate il femminile, no alle imposizioni"

"Chiamatemi 'il premier'". La Rai si ribella

Alla fine Giorgia Meloni è l'Uomo forte che l'Italia aspettava da tempo.

Nulla di strano - anzi, scelta legittima e grammaticalmente ineccepibile - che chieda di farsi chiamare il Presidente del Consiglio. Le femministe che volevano sfondare, a sinistra, il soffitto di cristallo - la barriera invisibile che impedisce loro di raggiungere le cariche più alte - se ne faranno una ragione. Anche l'Accademia della Crusca ha avvallato la decisione: si può utilizzare il femminile per riferirsi a cariche ricoperte da donne, ma chi preferisce le forme tradizionali maschili può farlo (la grammatica non è un affare di «quote rosa», ma di regole).

Aperta parentesi storica: la dem Laura Boldrini ha sempre rivendicato l'uso del femminile da Presidente della Camera, ma Giorgio Napolitano quando si riferiva a lei, utilizzava il maschile. Chiusa parentesi.

Scegliere una parola al posto di un'altra è sempre un gesto politico, e lo si è visto subito, con le nuove denominazioni di alcuni ministeri. Ed è da tanto che le battaglie politicamente correttiste passano dal linguaggio di genere. C'è chi pretende di sostituire «padre» e «madre» con «Genitore 1» e «Genitore 2», e chi preferisce aggiungere al Ministero della famiglia la parola «natalità».

L'identità di un partito passa anche dalle parole.

Poi ci sono gli ostruzionismi ideologici. Appena Giorgia Meloni ha dichiarato che per le comunicazioni ufficiali userà il maschile «il» e non «la» Presidente, il sindacato della Rai è insorto. «Ricordiamo che il contratto Rai contiene al proprio interno il Manifesto di Venezia che fa preciso riferimento al linguaggio di genere, e che la policy aziendale indica di usare il femminile lì dove esista», ha spiegato l'Usigrai.

Insomma il sindacato Rai di fatto sta dicendo che Giorgia Meloni è libera di chiedere di essere chiamata come vuole, ma «altra cosa è il racconto giornalistico». E quindi non soltanto «nessun collega può essere obbligato ad usare il maschile», «anzi i giornalisti Rai sono tenuti a declinare al femminile i nomi». E quindi la sanzione: «Ordini di servizio o indicazioni in senso contrario verranno contestati dal sindacato nelle sedi opportune.

Chiediamo alle colleghe (prima le femmine e i femminili, ndr) e ai colleghi (poi i maschi e i maschili, ndr) di segnalarci eventuali violazioni» (siamo alla delazione...).

Del resto, è curioso: a chiamarla «la» Presidente saranno proprio coloro che non vogliono accettare che la vittoria di Giorgia Meloni sia anche una vittoria per le donne.

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