Il voto cattolico è stato determinante, Trump viene rieletto presidente degli Stati Uniti e apre per l'America una nuova stagione dove l'ultra-cattolicesimo populista torna in sella, proponendosi come motore principale della contestazione a Papa Francesco. Non ci saranno scossoni o fuochi d'artificio: dopotutto i vescovi americani hanno già convissuto con la presidenza Trump e, allo stesso tempo, sono molto più vicini all'esponente repubblicano di quanto si possa immaginare. Con un comunicato, ieri sera, hanno invitato all'unità e chiesto «preghiere per il presidente eletto Trump, così come per tutti i leader della vita pubblica».
A parte la questione migranti, che preoccupa non poco la Chiesa cattolica USA, molti esponenti di spicco dell'episcopato a stelle e strisce, che non sono sulla stessa linea del Papa, già in passato si erano mostrati favorevoli alla presidenza del multimiliardario, considerato il miglior garante su temi come aborto e tutela della libertà religiosa. Tra questi l'arcivescovo di New York, Timothy Dolan, che conosce personalmente Trump da molti anni o l'arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone, esponente della chiesa tradizionalista che in passato si era esposto in prima persona dicendo che i vescovi avrebbero dovuto negare la comunione al cattolico Biden per le sue posizioni pro-aborto. L'attuale inquilino della Casa Bianca, infatti, sposando l'abortismo più radicale, sostenuto anche dalla candidata dem Kamala Harris, ha praticamente aperto la strada al sostegno cattolico a Trump: secondo i sondaggi una buona maggioranza dei cattolici americani, che rappresentano il venti per cento della popolazione, delusa dalle esternazioni anti-cattoliche della Harris, negli ultimi tempi ha trovato nel tycoon quasi un «nuovo messia».
Finisce così l'era del cattolico Sleepy Joe e ricomincia quella di Trump, definitosi «cristiano rinato», affiancato dal futuro vice presidente cattolico J.D. Vance e sostenuto persino dalla star del wrestling Hulk Hogan, anche lui cristiano protestante (nel 2023 si è battezzato a 70 anni) che tra gli anni Ottanta e Novanta ha fatto sognare milioni di ragazzini (oggi elettori) a suon di: «prendete le vitamine e dite ogni sera le preghiere». Vance, scrittore e senatore dell'Ohio, si è invece convertito nel 2019: ha ricevuto i sacramenti, definendosi membro di una Chiesa «della resistenza». Una Chiesa militante populista che trova nello scomunicato monsignor Carlo Maria Viganò, l'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, il maggior rappresentante. L'arcivescovo, vicino all'ex stratega di Trump, Steve Bannon, nelle ultime settimane, non a caso, aveva chiamato a raccolta i cattolici americani con un lungo appello per sostenere il tycoon.
«Riguardo a Vance e alle sue posizioni bisogna sempre distinguere le retoriche politiche, che a volte finiscono per strumentalizzare la fede e la religione, dal comportamento che si va ad assumere quando poi si arriva al governo», spiega a Il Giornale il gesuita padre Antonio Spadaro, «un governante ha il dovere di tenere unite le forze vive del Paese e tra queste c'è certamente anche la Chiesa Cattolica degli Stati Uniti».
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