
Aram I è il patriarca degli armeni. Lo chiamano anche il Papa armeno e gli riconoscono il titolo di Sua Santità. È un arcivescovo cristiano orientale, il suo nome all'anagrafe è Aram Keshishian, ha 78 anni, era molto legato a Papa Bergoglio che ha incontrato diverse volte a Roma.
Papa Francesco è stato un Papa amico degli armeni?
«Ho conosciuto Papa Francesco molto da vicino, è stato un grande Papa e ha provato costantemente a rendere la Chiesa cattolica una realtà viva e in trasformazione, vicina alla vita delle persone. Per questo è stato definito il Papa delle persone. Aveva una posizione chiara riguardo qualsiasi problema riguardante i diritti umani e i valori biblici. In occasione del centesimo anniversario del genocidio armeno, durante le celebrazioni eucaristiche in Vaticano, il Papa si è espresso pubblicamente ed apertamente, dichiarando che ciò che è accaduto alla popolazione armena durante il primo conflitto mondiale è stato un genocidio organizzato. Per questo motivo, per la popolazione armena il Papa è diventato ancor di più una persona altamente rispettata ed è anche per questo che ho voluto essere presente al suo funerale».
Cosa perdiamo con la morte del Papa?
«Il Papa ha fatto del suo meglio per realizzare la sua visione, come ogni buon leader. Papa Francesco voleva prendere la Chiesa e portarla oltre la Chiesa e la liturgia, offrendola alle persone. La Chiesa è una comunità, esiste nelle persone che la formano, non è l'amministrazione o la gerarchia. Adesso la responsabilità è dei cardinali: guardando alla nostra società in continua evoluzione dovranno decidere che tipo di Chiesa vogliono, e quindi che Papa è giusto eleggere».
Cosa si aspetta dal Conclave?
«Giovanni XXIII iniziò il Concilio Vaticano II nel 1962 e utilizzò la parola aggiornamento: voleva che la chiesa fosse reattiva nei confronti della società e che si aprisse al mondo. Dopo oltre 50 anni io chiesi a Giovanni Paolo II: Non è il tempo di iniziare il Concilio vaticano terzo?. E poi lo chiesi a Papa Benedetto, e lui mi rispose: Probabilmente lo farà il mio successore. Infine, lo chiesi a Papa Francesco che iniziò l'aggiornamento della Chiesa con la sinodalità, un processo importante per l'agenda vaticana. Dal conclave spero giunga la consapevolezza di vivere in un'età di ecumenismo, di congiunzioni e cooperazione».
Quali sono le sue relazioni con la Chiesa cattolica?
«Siamo sempre stati vicini al Vaticano e siamo anche oggi impegnati a continuare questa relazione».
C'è qualcosa in particolare che ricorda degli incontri con il Papa?
«L'ho incontrato tante volte e in differenti contesti, privati, pubblici, congressi. La sua posizione sul genocidio degli armeni è molto chiara, e che un Papa si esprima in maniera così netta ha costituito un evento storico, e mi ha impressionato che lui abbia affermato ciò che ha affermato, semplicemente perché lo sentiva dentro di se e per essere fedele alla storia».
Qual è l'atteggiamento dell'Occidente nei confronti del genocidio armeno?
«Il mondo politico si muove in base agli interessi. La religione invece si muove sui valori. Questa è la differenza fondamentale. Alcuni paesi esprimono la loro solidarietà, alcuni restano in silenzio, ma è solo questione di interessi politici, dei quali la religione non si cura».
La tragedia armena non ha mai avuto grande riconoscimento, cosa pensa di questo?
«La storia è la testimone di ciò che è accaduto ma noi continueremo il nostro lavoro perché ci sia il riconoscimento del genocidio. In particolare vogliamo che la Turchia lo riconosca, perché è necessario si guardi in faccia la realtà, che i turchi sappiano che i loro bisnonni hanno ucciso i nostri bisnonni. Devono guardare in faccia l'amara realtà comprendendo che per quanto triste la storia non può essere cambiata e questa è la mia aspettativa e speranza».
Armenia e Azerbaijan: qual è lo stato delle cose?
«Tutti sanno che gli armeni erano lì (nel Nagorno-Karabakh) storicamente: oltre 120.000 armeni vivevano lì. Adesso l'Azerbaijan ha l'obiettivo di deportarli e si può dire si tratti di un differente tipo di genocidio, supportato dalla Turchia. Sono molto deluso dal fatto che ci sia stato un convegno internazionale all'università gregoriana, e il tema era la presenza cristiana in Azerbaijan, e non solo si è completamente ignorata e negata la presenza di armeni, ma le chiese armene sono state presentate come parte della cultura dell'Azerbaijan. Una cosa del genere nelle mura vaticane, qualcosa organizzato da un'università così conosciuta, ha profondamente deluso gli armeni, in tutto il mondo. In questo momento ci sono negoziazioni e lo scopo è stabilire una pace permanente ma non c'è pace senza giustizia e giustizia è il vero nome della pace».
Che domanda vorrebbe fare al nuovo Papa?
«Chiederei che continui il processo di aggiornamento della Chiesa su tanti temi. Per esempio sul tema dei matrimoni omosessuali. In questo piccolo mondo non possiamo dire questo è un tuo problema, non mio. E credo quindi sia necessario guardare a questi problemi esistenziali in modo che sì preservino i valori della religione ma rispondendo alla realtà. La mia domanda al nuovo papa è questa: come possiamo riconciliare i valori biblici e la realtà del mondo presente?».
I suoi pensieri sul conflitto Russo- Ucraino?
«Ho ottimi rapporti con il Patriarca russo Kirill. Riguardo al conflitto, la guerra ha le proprie regole e non ho alcun giudizio sulle parti. Ma questi due Paesi sono vicini per cultura, etnia, religione. Ritengo sia urgente che si fermino le armi, che si fermino queste uccisioni il prima possibile, con l'impegno di trovare una soluzione accettabile da tutti e due i contendenti».
Ha una preferenza per uno dei papabili?
«Lascio questa decisione al conclave che opera per lo Spirito santo».
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