L'intelligence americana sta preparando in gran segreto una mappa di tutti i centri dello Stato islamico dove si confeziona la propaganda del Califfo. Nel mirino della Cia le «redazioni» all'avanguardia, che montano i video di reclutamento oppure preparano la rivista mensile Dabiq e lanciano via social network i messaggi delle bandiere nere. Fonti militari anonime hanno rivelato la notizia al quotidiano americano Washington Times. La «mappatura» della costola mediatico del Califfato in Siria, Irak e Libia serve a controllare la potente macchina propagandistica e nel caso colpirla. Il problema è che le «redazioni» si trovano in aree densamente popolate proprio per evitare gli attacchi aerei alleati. La struttura mediatica dello Stato islamico ha già prodotto 12 numeri della rivista mensile Dabiq distribuita on line in inglese, russo, francese, turco e arabo. I contenuti e la confezione del prodotto editoriale sono addirittura migliori di tanti settimanali internazionali. I video montati in stile hollywoodiano con apparecchiature e software all'avanguardia sono il pezzo forte della propaganda del Califfo. L'obiettivo è raggiungere possibili adepti in tutto il mondo. L'ultimo prodotto della scorsa settimana è un video di reclutamento in cinese. Il messaggio è il «risveglio» dei musulmani nel pianeta giallo da secoli di umiliazioni. Anche un recente video in russo è montato con grande professionalità. L'orrore di decapitazioni e stragi è sapientemente proposto sia per incutere timore, che fare proseliti.
I disertori dello Stato islamico intervistati dal Washington Times hanno raccontato di «redazioni» su due piani con nuovissime videocamere, computer, studi di ripresa. Tutto materiale che arriva regolarmente dalla Turchia. In Siria, nei dintorni di Aleppo, esiste un ufficio della rivista Dabiq e del canale televisivo delle bandiere nere Al Furqan con connessione internet ad alta velocità grazie ad un sistema wi-fi turco.La Fondazione Quillam impegnata in Inghilterra contro il radicalismo islamico ha individuato 35 strutture propagandistiche che rispondono al «Comando dello Stato islamico per i media». Una specie di quartier generale editoriale, che dovrebbe far parte del ministero dell'Informazione del Califfato con sede a Mosul e Raqqa.
Solo su Twitter, alla fine dello scorso anno, i terroristi avevano aperto 20mila account. Il nocciolo duro di terroristi mediatici varia da 500 a 2000 annidati in Irak e Siria, ma pure Arabia Saudita. Ognuno rilancia una media di 50 tweet al giorno. Della sessantina di sospetti arrestati negli Stati Uniti per collegamenti con l'Isis, l'80% si è radicalizzata sui social network.
La
controffensiva americana in rete è affidata al «Centro di comunicazioni strategiche anti-terrorismo» presso il Dipartimento di Stato dove lavorano 69 specialisti, ma con un budget risicato di 5,5 milioni di dollari l'anno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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