La Cina usa missili e caccia per minacciare Taiwan

Esercitazioni militari senza precedenti. Sorvolata più volte l'isola. Bombe anche sulle acque giapponesi

La Cina usa missili e caccia per minacciare Taiwan

Alle 12 locali di ieri la Cina ha dato il via alle più grandi esercitazioni militari mai fatte intorno a Taiwan, che alla fine sono persino sconfinate nelle acque giapponesi. Sono la risposta alla visita nell'isola della presidente della Camera americana Nancy Pelosi. Pelosi ha assicurato che la sua presenza ha reso «inequivocabilmente chiaro» che gli Usa «non avrebbero abbandonato» un alleato democratico come Taiwan. Il suo viaggio ha suscitato la furiosa reazione di Pechino che ha promesso «punizioni». Una prova di forza, mentre continuano a crescere le tensioni nella regione: ieri un totale di 22 caccia cinesi ha brevemente superato la linea mediana informale che divide lo Stretto di Taiwan. Il ministero della Difesa di Taipei, ha rilevato otto J-11, dodici Su-30 e due J-16, e ha precisato di aver, secondo il protocollo, «attivato i sistemi di difesa aerea, fatto decollare i jet e lanciato messaggi di avvertimento». I media ufficiali cinesi ricordano che si tratta «di manovre militari e d'addestramento su vasta scala» che includono lanci dal vivo di colpi di artiglieria e di missili in sei aree marittime off-limits a navigazione e sorvolo. Le manovre per giunta sono state estese da domenica 7 agosto a lunedì 8 fino alle ore 10.

Il Global Times, quotidiano di lingua inglese vicino al regime di Pechino, ha affermato, citando vari analisti militari, che le manovre sono «senza precedenti» e che i missili avrebbero sorvolato Taiwan per la prima volta. A conferma sono arrivate le parole di fuoco del ministro degli Esteri cinese Wang Yi. «Sono gli Stati Uniti che hanno provocato i guai, la crisi e che continuano ad aumentare le tensioni», ha precisato. E ha replicato con toni aspri al comunicato congiunto del G7 che mercoledì ha chiesto a Pechino di evitare una «aggressiva attività militare» per il rischio di «un'escalation non necessaria» e di «non cambiare unilateralmente lo status quo con la forza». La palese provocazione Usa, con la visita a Taipei di Pelosi, «ha creato un pessimo precedente se non viene corretto e contrastato», ha aggiunto Wang. Il ministero degli Esteri di Pechino ha poi convocato gli ambasciatori dei Paesi del G7, inclusa l'Italia, e dell'Ue per «esprimere il più completo disappunto» sul comunicato firmato dai capi delle diplomazie di forte critica sulle sue esercitazioni militari.

La Cina ha addossato quindi la colpa dell'escalation a Usa e alleati. Mentre il ministero della Difesa di Taipei ha così spiegato la sua posizione: «Sosterremo il principio di prepararsi alla guerra senza cercare la guerra». È intervenuto anche il segretario di Stato americano Antony Blinken da Phnom Penh, in Cambogia, dove si trova per partecipare al vertice dell'Asean. «Gli Stati Uniti si oppongono a qualsiasi sforzo unilaterale per cambiare lo status quo di Taiwan, soprattutto con la forza. La politica degli Usa sull'isola non è cambiata», ha ribadito e ha sottolineato che «la stabilità dello stretto è nell'interesse dell'intera regione». Poi è stata la volta del portavoce di Putin, Dmitri Peskov: «La tensione nella regione intorno a Taiwan è stata provocata artificialmente». «Noi - ha proseguito - comprendiamo perfettamente chi l'ha provocata: la visita di Nancy Pelosi. È stata del tutto inutile e una provocazione non necessaria».

Sul terreno la situazione diventa sempre più incandescente. Giornalisti dell'agenzia di stampa Afp hanno osservato proiettili tirati dall'esercito cinese in direzione dello Stretto di Taiwan. I reporter si trovavano sull'isola cinese di Pingtan, a pochi chilometri dalle manovre in corso, e secondo la loro testimonianza gli obici sono stati sparati da siti vicini a installazioni militari. E come se non bastasse cinque missili balistici lanciati dall'esercito popolare di liberazione sono caduti nella zona economica esclusiva del Giappone.

Il ministro della Difesa Nobuo Kishi ha precisato che si è trattato del primo episodio del genere: «Questa è una faccenda grave che riguarda la sicurezza nazionale del nostro Paese e la sicurezza delle persone», ha sottolineato. Tokyo ha anche presentato una protesta diplomatica al governo cinese.

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