Il cinismo di Landini. Ha usato i lavoratori per incoronarsi capo della Resistenza

Il segretario Cgil: "Disegni autoritari del governo". Schlein e Conte assenti per non far le comparse

Il cinismo di Landini. Ha usato i lavoratori per incoronarsi capo della Resistenza
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«Ma come siete belli, ma che bellissima piazza strapiena, come non si vedeva da anni! Questa è la Piazza del Popolo dei Lavoratori che tiene in piedi il paese!».

Si esalta, il Comandante Landini di rosso vestito, quando sale sul palco tra grappoli di palloncini rossi e bandiere rosse e striscioni rossi (l'armocromista Cgil è andato sul sicuro, e poi il contrasto con lo spezzone di palloncini celesti della Uil veniva bene) per il suo comizio finale. La funzionaria Cgil che lo lancia, ovviamente vestita di rosso, cede un po' all'atmosfera da Notte degli Oscar: «E ora, ladies and gentlemen, è con grande piacere che lascio la parola a Maurizio Landini...», e giù applausi, mentre lui commosso afferra il microfono.

La parte sindacale del discorso, più uggiosa, la ha lasciata tutta al fido «Pierpaolo» (alias Bombardieri, capo della Uil): lui si è tenuta quella politica. E si è incoronato non tanto capo dell'opposizione, che a quello son buoni tutti, quanto della Resistenza ai «disegni autoritari» di un governo che «attacca la democrazia e la Costituzione». E non solo perché ha «messo in discussione il diritto di sciopero» e precettato i lavoratori, cosa «mai successa nella storia repubblicana». Ma perché «vogliono mettere mano alla Carta, mettono in discussione l'unità del paese con l'autonomia differenziata, e il ruolo del Presidente della Repubblica, della magistratura, del Parlamento. È un disegno complessivo che vuol cambiare il nostro modello di democrazia costituzionale, nato perché i nostri padri hanno sconfitto il fascismo». E «diciamoci la verità», aggiunge: «Quelli che vogliono cambiare la Costituzione sono gli stessi che non hanno contribuito a farla». Sottinteso: loro sono gli eredi del fascismo, noi quelli della Resistenza. Accenna uno spericolato parallelo tra gli scioperi del '43, «in piena dittatura», che contribuirono a «conquistare la democrazia». Poi lancia la mobilitazione per la «pace», ossia per fermare Israele chiedendo «il cessate il fuoco». Infine si proclama non solo capo della Resistenza, ma anche della «vera» maggioranza, che per lui non corrisponde a quella parlamentare: «Siamo noi a difendere la Nazione, e l'interesse generale, opponendoci a un governo che manda allo sbando il paese. Noi rappresentiamo la maggioranza che paga le tasse, che tiene in piedi l'Italia e che oggi non viene ascoltata dal governo».

In piazza ci sono molti dirigenti del Pd e della sinistra, ma sia Elly Schlein che Giuseppe Conte hanno preferito disertare: ritrovarsi a fare le cheerleader sotto il palco, ad applaudire Landini che si auto-investe del ruolo di capo dell'opposizione, della Resistenza e pure della maggioranza silenziosa, non avrebbe contribuito granchè al loro carisma. «Rispettiamo l'autonomia del sindacato», è la spiegazione ufficiale.

A fine comizio inizia la consueta batracomiomachia dei numeri: per la Cgil «siamo tantissimi», 60mila in piazza e con adesioni allo sciopero che sfiorano «l'80%». Per la Lega, il cui capo Salvini («Facendoci un enorme favore», ammettono dalla Cgil) ha dichiarato guerra allo sciopero, l'iniziativa è stata «un flop». La premier Meloni invece sceglie il fair play e resta lontana dalla rissa Salvini-Landini: «Ho grande rispetto per i diritti dei lavoratori, per gli scioperi. Nel merito posso dire poco perché è stato lanciato contro la manovra praticamente in estate, quando io neanche avevo cominciato a pensarla».

E intanto i suoi fanno trapelare che il capo Cgil (che invitò Meloni al suo congresso di marzo) è tra i possibili ospiti di Atreju, la ribalta appena rifiutata da Schlein. «Ma Landini, ansioso com'è di protagonismo, è capace di accettare», commentano acidi nel Pd.

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