Le cinque identità del boss I pm: "C'è la nuova Cupola"

Trovati i documenti con cui "u Siccu" si è garantito la latitanza. De Lucia: "Cosa Nostra si riorganizza"

Le cinque identità del boss I pm: "C'è la nuova Cupola"

Ragusa. Ne sapeva una più del diavolo Matteo Messina Denaro. Per sfuggire alla cattura cambiava covo periodicamente e pure identità. Così poteva permettersi di viaggiare, di farsi curare, di vivere alla luce del sole come ha fatto a Campobello di Mazara almeno negli ultimi 4 anni.

Tra i documenti che il Ros ha sequestrato nella casa di via CB 31, in vicolo San Vito, ci sono almeno 5 carte di identità di persone realmente esistenti. Si ritiene si tratti di fiancheggiatori che hanno prestato la propria identità al padrino, come ha fatto negli ultimi anni il geometra Andrea Bonafede. È grazie a lui che nel 2020 il latitante poté essere operato nell'ospedale di Mazara del Vallo. Nell'ultimo covo, nel quale si era trasferito nel giugno 2021, durante una delle perquisizioni sono saltate fuori delle fototessere del capomafia.

Bisogna adesso capire se non fosse lui stesso a contraffare le carte di identità ricevendo documenti originali su cui apporre la foto o qualcuno lo abbia fatto per lui. È grazie a questi documenti che ha potuto raggiungere il Sud America e il Regno Unito e concludere affari. Gli inquirenti hanno anche acquisito in Municipio la carta di identità di Andrea Bonafede e la scheda consultabile dalla questura conservate al Comune. Le indagini sulla rete dei fiancheggiatori sono, dunque, a un punto di svolta. Tassello dopo tassello il puzzle dei 30 anni di latitanza si sta ricomponendo. La procura vuole andare fino in fondo, individuando i «pezzi grossi» i cui nomi, finora, sono rimasti sconosciuti. È la «borghesia mafiosa» di cui ha parlato il procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia, ma si punta a salire di grado fin dentro i palazzi che contano e persino tra le divise. Che le indagini su chi ha permesso la clandestinità del padrino abbiano preso il giusto filone lo confermano le parole del procuratore che ha parlato di «rete di protezione del latitante che stiamo per smantellare». Secondo de Lucia «c'è fortissima tensione all'interno di Cosa nostra, volta a tentare l'ennesima ristrutturazione» ma l'obiettivo è di «individuare chi potrà colmare i vuoti» lasciati dal latitante e dalla rete di fiancheggiatori. Di una «inquietante rete di protezione a diversi livelli» ha parlato il presidente della Corte d'appello di Palermo, Matteo Frasca, durante l'apertura dell'anno giudiziario. «Senza di essa ha detto - non avrebbe potuto sottrarsi per così lungo tempo alla cattura. Ciò pone seri interrogativi e apre scenari per certi versi inesplorati sul grado di penetrazione di Cosa nostra nel tessuto sociale e istituzionale».

Sulla latitanza ci sono ancora tanti interrogativi, ma il procuratore dice basta alle dietrologie.

«Ho sentito, dal primo momento in cui è stato realizzato un risultato che ha onorato l'Italia, una serie di voci - ha chiarito -. È un'indagine impeccabile svolta con gli strumenti tecnici più aggiornati secondo criteri di legalità totalmente trasparenti».

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