Sulla Treccani la cleptomania è definita «tendenza morbosa al furto» ed è accomunata a casi molto diversi tra loro per genesi psicologica e valore clinico, considerati come sintomi di decadenza intellettuale ed etica.
Non essendo stata mai riconosciuta un'eziologia specifica per questo disturbo del comportamento, per la incertezza dello stato clinico, e quindi non esistendo una diagnosi formale patologica, la cleptomania per secoli è stata volutamente omessa dalle certificazioni ufficiali, fino a quando, nel 1980, è stata inserita come patologia nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-III), e definita come un «disturbo del controllo degli impulsi non classificati altrove», con comportamento dirompente della condotta, e problemi di autocontrollo delle emozioni, a carattere esplosivo ed intermittente.
Tutti gli studi esistenti di neurobiologia sull'impulso a rubare, non hanno individuato deficit cerebrali, ormonali o neurocognitivi, nessun difetto istologico, genetico né metabolico, nessuna comorbilità con altre malattie, per cui questa incerta sindrome in Medicina ancora galleggia tra i disturbi psichiatrici dello spettro ossessivo, compulsivo e in quello affettivo, anche se i molti farmaci a disposizione usati per tali sindromi hanno clamorosamente fallito nei pazienti ladri, per i quali non ci sono medicinali mirati approvati, a dimostrazione della prevalenza della eziologia a tendenza esclusivamente comportamentale.
Ed è proprio il comportamento dei cleptomani a mettere in difficoltà la comunità scientifica. I furti in genere non sono programmati, non sono compiuti per vendetta, per rabbia o in preda a delirio, ma semplicemente vengono effettuati per l'incapacità a resistere al desiderio impellente di trafugare oggetti, che spesso potrebbero essere acquistati senza difficoltà economiche, quando il soggetto frequenta luoghi di «tentazione» come supermercati, negozi, duty free e simili. L'atto di rubare inoltre, preceduto spesso da una tensione crescente, è accompagnato poi da una sensazione postuma di piacere e sollievo. Il cleptomane, pur rendendosi conto della gravità dell'atto e pur accusando auto-disapprovazione, non prova sensi di colpa e vergogna, piuttosto assapora emotivamente il picco benefico di adrenalina.
Sono tre i tratti psicologici che caratterizzano i cleptomani: disinibizione, impulsività e tendenza a correre rischi per ottenere gratificazioni. Sovente il disturbo si manifesta in persone assoggettate a rigidi ritmi, fortemente schiacciate da regole, verso le quali provano una sorta di liberazione, provando piacere nel sottrarvisi.
La casistica dice che l'incidenza è maggiore nelle donne, le più inclini ai disturbi d'ansia ed a frenare gli istinti caratteriali, ma non mancano percentuali maschili che agiscono con la spavalderia della furbizia piuttosto che con l'astuzia del ladro, agendo spesso senza la destrezza tipicamente femminile. L'esordio dei sintomi avviene solitamente durante l'adolescenza, ma è molto frequente in età adulta (azione sporadica con periodi di remissione oppure cronica), mentre quando accade in età senile viene associata a sintomi depressivi in risposta al fisiologico declino cognitivo.
Rubare è da sempre considerato un atto riprovevole ed illegale, specialmente se si commette senza necessità evidente. La cleptomania si differenzia dal furto in quanto questi comportamenti sono spesso spontanei e vengono messi in atto in preda a disturbi dell'umore, in piena capacità di intendere, ma non di volere, dal momento che non si riesce ad opporsi razionalmente o a frenarsi. In psichiatria è vista come una rivincita psicologica di individui fragili, un atto compensatorio a un desiderio di punizione o di rivalsa, di espiazione di una pena con l'obiettivo di una temporanea gratificazione personale. In giurisprudenza invece non è giustamente valutata come un vizio di mente che può minare la capacità di intendere, ma come un comportamento che incide sull'imputabilità solo nel caso in cui si riesca a dimostrare che il reato è stato posto in essere per un impeto improvviso e non controllabile; anche se, non essendo quasi sempre possibile delineare il profilo della malattia, la semplice pulsione a rubare per la legge non é considerata cleptomania e non esclude la responsabilità del novello Arsenio Lupin.
In ogni ordinamento giuridico infatti, viene punita la condotta di chi si impossessa di un bene non suo (reclusione da 6 mesi a 3 anni). In ogni caso la vera cleptomania è una condizione non facile da diagnosticare né scientificamente né legalmente, perché il disturbo procede inosservato e spesso si sovrappone ad altri disturbi della sfera intima e psicologica.
Nella scorsa settimana, in seguito ad un noto fatto di cronaca, tutti i giornali e i media hanno trattato il tema della cleptomania, incluso il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, il quale, nella sua rubrica «Ma mi faccia il
piacere» del 29 aprile, ha vergato una sintesi fulminante, immediata, legale e se volete anche scientifica, dell'argomento, semplicemente citando una famosa frase del poeta Trilussa: «La serva é ladra, la padrona è cleptomane».
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