La giornata dei riservisti del vaccino comincia presto. Bisogna arrivare quando le immunizzazioni cominciano, sgomitare fra le persone registrate in fila, cercare di parlare con un operatore. Spiegare di non voler superare alcuna coda, di non voler fare i furbi, ma di voler solo aspettare in attesa di capire se una dose Pfizer avanzata e non più conservabile possa diventare il proprio lasciapassare per una vita più normale. Ma per i riservisti non esistono regole. Nessuno che prenda il nominativo, nessuno che dia indicazioni, nessuno che spieghi come funzioni l'ordinanza emanata lo scorso 15 marzo dal commissario straordinario per l'emergenza Covid Figliuolo che indica come le dosi eventualmente residue a fine giornata, qualora non conservabili, «siano eccezionalmente somministrate, per ottimizzare l'impiego evitando sprechi, in favore di soggetti comunque disponibili al momento, secondo l'ordine di priorità individuato dal Piano nazionale e successive raccomandazioni».
In realtà, questa ordinanza non la conosce quasi nessuno. Siamo a Bari, e la spola fra le sedi vaccinali ci porta in tre hub diversi. Quando gli operatori sentono la parola «riservista» sgranano gli occhi e poi, senza andare troppo per il sottile, ci invitano ad andare via perché «tanto i vaccini non avanzano». Ma a circa quattro ore dal termine della giornata fare questi calcoli è impossibile. E lì sorge il sospetto che qualcosa non quadri. Perché nella disorganizzazione è più facile infilare un furbetto. Del resto, proprio la Puglia si è già distinta con presunti parenti, amici e raccomandati vari capaci di saltare qualunque priorità nelle scorse settimane. Mentre fa pensare il caso della Curia vescovile di Taranto, con i parroci immunizzati a dispetto di età o patologie considerate a rischio. La voglia di tentare la sorte, che per un giorno fa sembrare la ricerca di un vaccino avanzato come una sorta di lotteria, ci spinge fino al centro allestito alla Fiera del Levante. E qui scopriamo che i riservisti sono molto più numerosi di quello che si possa immaginare. Ragazze giovani in tenuta da jogging, signore di mezza età che sperano di anticipare l'immunizzazione del papa 86enne, coppie con il sogno di viaggiare.
«Siamo qui per provare, se aspettiamo il nostro turno potrebbero passare mesi», dicono i più giovani. Che poi hanno anche la forza di scherzarci su: «In zona rossa passiamo il tempo così». Anche qui il benvenuto non è però dei migliori. All'entrata un operatore della Protezione civile prova a raccontare la solita storia: «Andate a casa, tanto i vaccini non avanzano». Ma noi non demordiamo, questa volta vogliamo andare fino in fondo. E così mentre le fatidiche ore 20 - indicate come termine della giornata vaccinale - si avvicinano la coda dei riservisti si allunga. Ma bisogna essere scaltri, mettere in chiaro chi sia arrivato prima: in assenza prenotazioni il rischio è di essere scavalcati. Dopo un'attesa estenuante alle 20.05 arriva il medico: «La dose avanzata è solo una».
A «vincerla» è il signore di 86anni accompagnato dalla figlia di mezza età. Ma ci chiediamo perché quattro ore prima ci sia stato detto «tanto i vaccini non avanzano». Il sospetto che la trasparenza non sia di casa resta.
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