Roma - Lo studio romano dell'avvocato Lorenzo Borrè è il cuore pulsante della fronda contro Beppe Grillo. Il comico genovese, dice Borrè, «dopo la votazione del nuovo codice etico degli eletti avrà il potere assoluto». Il legale, già iscritto al Movimento dal 2012 al 2015, è un esperto di espulsioni a Cinque Stelle. Difende i 29 grillini di Roma, Napoli e Messina che, dopo essere stati cacciati dallo «Staff», hanno fatto causa a Grillo e all'allora direttorio. Con le vittorie dei ricorsi di Roma e Napoli i ribelli sono stati reintegrati dai tribunali. Borrè, ora, continua a contestare la fragile impalcatura legale sulla quale si reggono le regole del M5S. A partire proprio dal «Codice di comportamento del MoVimento 5 Stelle in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie», votato ieri sul Blog dagli attivisti. Secondo Lorenzo Borrè il codice «è nullo, in quanto si tratta di un'appendice al regolamento votato tra settembre e ottobre».
In quella votazione è mancato il quorum del 75%, necessario a rendere valide le modifiche alle regole del movimento. La soglia era stata indicata dal Tribunale di Napoli dopo il reintegro di alcuni attivisti partenopei difesi proprio da Borrè. Ed è già pronto il ricorso al Tar contro il Non-Statuto e il regolamento approvati in autunno: «Ci sto lavorando proprio in questo momento, tra lunedì e martedì presenteremo l'impugnazione», conferma l'avvocato. Ma le falle del codice degli eletti non finiscono qui: «Come al solito hanno pubblicato una norma già elaborata dall'alto, agli attivisti si chiede solo di dire sì o no, è un plebiscito contrario al metodo assembleare». Fa discutere anche l'applicazione della norma a persone che sono state elette prima dell'entrata in vigore del codice: «Si potrebbe contestare il fatto che il codice ha un'efficacia retroattiva ex post, cioè disciplina un rapporto tra Beppe Grillo e gente eletta prima della pubblicazione di queste regole». E infatti, l'ex assessore al Comune di Roma Paola Muraro, fatta dimettere per un avviso di garanzia, ha colto subito la palla al balzo: «Se Grillo avesse parlato prima, non avrei dato le dimissioni». Touché. Aumenta, quindi, la discrezionalità nelle espulsioni. Con Beppe Grillo e i probiviri più liberi di decidere se sospendere un eletto, indipendentemente dall'avviso di garanzia. Attacca Borrè: «Si va verso una deriva che non fatico a definire arbitraria perché i comportamenti lesivi sono valutati in modo troppo generico».
Un altro punto, osserva l'avvocato: «È sulla valutazione della prescrizione, perché un prescritto è equiparato dal codice a un condannato se la prescrizione avviene dopo il rinvio a giudizio, mentre la valutazione è rimessa a Grillo e ai probiviri se la prescrizione arriva prima del rinvio a giudizio».
Poi c'è il punto 6: sindaci e presidenti di regione dovranno far rispettare il codice anche agli assessori non iscritti al M5S. Borré: «E allora perché non vale per i presidenti municipali, o per i parlamentari con i loro collaboratori? Si innesca un rischio contagio».
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