Il personaggio del ragionier Ugo Fantozzi ha davvero interpretato un'epoca: un'Italia ancora sull'onda del formidabile boom degli anni Cinquanta e Sessanta, anche se ormai l'ottimismo era venuto meno. In quegli anni, infatti, già prevaleva la tendenza a vedere il bicchiere mezzo vuoto invece che mezzo pieno. Non è un caso che Villaggio abbia sempre riscosso un grande successo in Russia: anche perché i mille disastri delle vicende fantozziane dicevano moltissimo a chi viveva all'interno della società sovietica.
Eppure lo sfondo di quei film e di quei romanzi era molto italiano e davvero legato a quei nostri anni. Allora l'inflazione viaggiava verso il 20 per cento, i sindacati erano in dura lotta con la Confindustria, iniziavano anche a manifestarsi i primi segnali di un conflitto armato che vedeva gruppuscoli di estrema sinistra ed estrema destra spargere il sangue per le strade. L'ideologia produceva violenza e ancora prima induceva a condannare ogni cosa, ma soprattutto l'esistenza piccolo-borghese. Con la sua maschera di quel modesto impiegatuccio, Villaggio ha dato una rappresentazione farsesca del mondo produttivo del tempo, da tutti giudicato fonte di sofferenze. In questo senso, Fantozzi può essere accostato a talune rappresentazioni dell'Italia produttiva elaborate da una parte della nostra cultura. La scrittura di Villaggio ha poco a che fare con quella di Paolo Volponi e Ottiero Ottieri, ma gli anni erano quelli. E senza darsi troppe arie, anche Fantozzi - alla sua maniera - ha voluto evidenziare l'alienazione del lavoro industriale.
Eppure, ed esaminato in dettagli che allora potevano essere poco interessanti, quel vecchio universo può essere oggi oggetto di nostalgia. Il Fantozzi dell'Italia di quarant'anni fa conduceva una vita economicamente tranquilla. Nel suo universo non c'era più la necessità di espatriare, tanto comune in precedenza, e neppure quella condizione lavorativa assai precaria che invece è tipica dei nostri giorni. Il ragionier Fantozzi vive con un certo agio, pur disponendo di un solo stipendio. Sua moglie è casalinga e nessuno sente l'esigenza che vada al lavoro. Egli neppure è minacciato da quella disoccupazione da mezza età che ora è divenuta invece tanto comune.
Le sue frustrazioni sono tutte interne alle dinamiche relazionali (nei rapporti con i superiori e con i colleghi), ma non segnalano mai il rischio di povertà. È pure interessante sottolineare come Fantozzi sia l'ultimo ingranaggio di una grande impresa privata (la realtà ispiratrice era stata l'Italsider di Genova), che ha tutta l'aria di essere assai solida. Quelle aziende in cui si entrava da giovani per poi andarsene anziani, magari lasciando il posto al figlio.
Realtà che ormai sono scomparse, dato che solo le aziende medie e piccole hanno saputo reggere di fronte alle difficoltà del mercato. I Fantozzi di oggi, insomma, vivono una condizione perfino più difficile. Peccato non ci sia un Villaggio capace di richiamare l'attenzione su di loro.
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