Colle, "Report" si mobilita. Fango a orologeria su Berlusconi e Fininvest

Il servizio sui rapporti 'ndrangheta-politica è il solito mix di allusioni cucinate ad arte

Colle, "Report" si mobilita. Fango a orologeria su Berlusconi e Fininvest

Fango su Silvio Berlusconi, fango su Gianni Letta, fango su Fininvest. È il metodo Report, propinato in prima serata sulla tv pubblica per tentare di inquinare la corsa del Cavaliere al Quirinale. Il più classico dei servizi confezionati, con un sapiente copia e incolla di alcune dichiarazioni di pentiti - la stragrande maggioranza senza alcuna aderenza, né verifica in sede processuale né da alcuna sentenza - le musichette scuola Michele Santoro, mezze frasi apparentemente rubate. Si parla di 'ndrangheta, finalmente.

Ma lo si fa mescolando cose vere - la mafia calabrese è la più potente al mondo grazie ai proventi del narcotraffico - a cose neanche troppo verosimili. Il tutto per sostenere l'ennesima macchinazione mediatico-giudiziaria che vorrebbe Fininvest e Milano 2 finanziate non più o non solo da Cosa nostra ma addirittura con i soldi della 'ndrangheta. E il centrodestra unico terminale di riferimento per tutta la criminalità organizzata dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine della Prima Repubblica, con la solita spolverata dell'immancabile massoneria deviata. I veleni su Fininvest ampiamente smentiti più volte sono ancora troppo ghiotti da collocare, come ciliegine amare, in una torta i cui ingredienti sono i soliti: la povera e reietta Calabria di cui ci si occupa quando fa comodo per distruggere un nemico politico, vecchi arnesi della Prima Repubblica che parlano a giornalisti non troppo documentati di persone morte e fatti indimostrabili, il politico dalle discutibili frequentazioni inchiodato da pentiti, per lo più criminali pizzicati con le mani nel sacco che lo stesso sacco preferiscono svuotarlo per avere in cambio i privilegi dello status e magari poi rimangiarsi tutto, come è già successo.

Non sta ai giornalisti dubitare dello strumento né dei pentiti chiamati in causa - a quelli ci penserà eventualmente la magistratura - ma non si può scegliere à la carte ciò che serve a una narrazione preconfezionata e scartare il resto. Ci tocca scomodare Giovanni Falcone: «La dichiarazione del pentito è solo uno dei tanti mezzi a disposizione del magistrato, le ammissioni e le chiamate in correità debbono costituire conferma di risultati probatori già acquisiti». E se ci si deve basare sulle sentenze, non si può sostenere che la mafia nel 1991-1992 sapesse che Berlusconi sarebbe sceso in campo senza cadere nel ridicolo. Se ci sono, i beneficiari del famigerato Papello sottostante l'altrettanto famigerata trattativa Stato-mafia andrebbero cercati altrove. Chi era nello Stato allora? Chi eventualmente diede l'ordine di trattare? Berlusconi da Arcore? Suvvia. Si dice che la 'ndrangheta ebbe un ruolo nella strage di Capaci, ma non si mette in discussione come forse si dovrebbe la sentenza sulla morte di Falcone, ucciso dai colleghi prima che dal tritolo. Si invocano logge massoniche segrete senza parlare dei magistrati che - a dire degli stessi pentiti usati come figurine- ne farebbero parte. Si scomodano i servizi segreti senza ricordare che Giovanni Zumbo, l'ex 007 che spifferava i segreti delle inchieste ai boss, faceva la spola con la Procura e fu chiamato a lavorare con un politico da «un uomo in toga».

L'ex pm della Dna Alberto Cisterna, citato da Report, disse al Giornale che alcune carriere dei suoi colleghi le aveva decise la 'ndrangheta.

Nel libro Oh mia bella Madundrina del 2010 un ex 007 ammise ad Antonino Monteleone di essere andato a cena con alcuni boss latitanti che volevano far arrestare un loro sodale che faceva casino, altrimenti l'avrebbero ammazzato. Una delle (tante) trattative Stato-'ndrangheta dietro alcun arresti «mirati» prima e dopo la strage di Duisburg del 2007 su cui nessuno ha voglia di indagare. E intanto i veri boss se la ridono...

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