È fatta, dunque. A tal punto che l'invito di Ivan Scalfarotto - «Ora, per questi casi, bisogna che ci pensi la legge» - suona (...)
(...) apertamente irrisorio. La Giustizia (che è cosa assai diversa dalla Legge) ha infatti già provveduto riconoscendo l'adozione di una bimba da parte di una coppia lesbica. Bimba ottenuta da una delle due «mamme», quella «biologica», con procreazione assistita eterologa, l'utero in affitto. Bisognerà poi leggere le motivazioni, ma pare che per arrivare a quella sentenza - la prima che allarga l'adozione alle coppie omosessuali - il Tribunale abbia fatto leva sull'assenza, nella norma relativa ai casi particolari, di indicazioni di genere sul nucleo familiare. Che se per prassi, tradizione, coerenza e ragionevolezza si sottintende eterosessuale. Ma in mancanza di precisazione, per la Corte si riferisce altresì alla coppia omosessuale.
Adattare le leggi - sempre che se ne riconosca l'opportunità - ai cambiamenti di costume, nel nostro caso la forsennata percussione nell'ambito civile e politico delle rivendicazioni/diritti omosessuali, è ruolo che ovviamente spetta al legislatore, cioè al Parlamento ove è rappresentata la sovranità popolare. Non alla Magistratura, attraverso sentenze propriamente definite da Giorgia Meloni «ideologiche». La Costituzione più bella del mondo è molto chiara nel delimitare l'area di intervento dei poteri dello Stato. Eppure, approfittando d'una certa ignavia parlamentare favorita dall'impianto «discussionista» delle Camere, le toghe seguitano ad appropriarsi di competenze che esulano dal loro potere. E che le toghe stesse, insieme alle gazzette delle preture, definiscono «di supplenza della politica». Così subordinando, con un semplice avviso di reato, l'economia, la finanza, l'istruzione, la politica stessa, la sanità e ora il diritto di famiglia. Una offensiva, quella della «supplenza della politica» che la politica ha il dovere di rintuzzare, non foss'altro che per salvaguardare lo Stato di diritto. Riferendosi all'adozione della coppia lesbica Fabrizio Marrazzo, portavoce di «Gay center», ha esultato: «Una sentenza rivoluzionaria: Matteo Renzi deve tenerne conto». Certo, e può farlo in un solo modo: costituire il suo governo parte civile e opporre ricorso. Non per mostrarsi pro o contro le adozioni gay, ma per ribadire con fermezza che su quella delicata questione decide in Parlamento la politica, non le procure.
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Malpica a pagina 16
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