Si potrebbe chiamare il paradosso dell'abuso d'ufficio. Nei tribunali i magistrati organizzano proteste anti-governative e rilasciano interviste di fuoco sui giornali contro Nordio, reo di aver abolito il reato, mentre il Csm mette in pratica una sorta di archiviazione di massa nei confronti di giudici incappati in denunce proprio per abuso d'ufficio. Il paradosso è scritto nero su bianco negli ultimi verbali del plenum del Consiglio Superiore della magistratura e la formula magica recita così: «Proposte di archiviazione non essendovi provvedimenti di competenza del Consiglio da adottare a seguito dell'intervenuta abrogazione del reato di cui all'art. 323 c.p. ai sensi della L. n. 114/2024 (G.U. n. 187 del 10.08.2024)». Soltanto nel mese di ottobre, l'organo di autodisciplina delle toghe ha usato questa dicitura per ben 42 giudici, a cui toccherebbe l'onere di ringraziare il Guardasigilli per aver risparmiato loro delle potenziali grane. Già, perché è bene ricordare che i magistrati sono dei pubblici ufficiali e la pendenza di un procedimento penale condiziona la loro vita professionale e li espone al rischio di non ottenere un incarico fuori ruolo o di compromettere la progressione di carriera. Tutto questo al netto di un risvolto disciplinare. Conosciamo l'obiezione: i magistrati non pagano mai e nonostante un referendum sulla responsabilità civile delle toghe e decenni di dibattiti nulla è cambiato. Verissimo, ma quella è un'altra storia. Qui il punto parossistico è che l'abolizione del reato d'ufficio voluta dall'esecutivo ha salvato gli acerrimi nemici dell'esecutivo stesso: i magistrati. Nel silenzio generale e nell'ipocrisia delle toghe. Nella lista figurano giudici che lavorano nei tribunali più disparati: da Simona Tordelli, gip del tribunale di Terni, ad Angelo Scarpati, giudice del tribunale di Torre Annunziata, da Rosa Paduano, giudice del tribunale di Nola a Pierpaolo Vincelli in servizio al tribunale di Pisa passando per una vecchia conoscenza come Luigi Patronaggio, già procuratore della Repubblica del Tribunale di Agrigento, ora in forza alla Corte di Appello di Cagliari. Oltre quaranta magistrati che a seguito di una denuncia, un esposto o una querela sono stati prima indagati e adesso archiviati. Il conteggio si gonfia se si considerano anche quei casi di magistrati che erano sì finiti indagati per abuso d'ufficio ma sono stati poi archiviati dal Csm per altre motivazioni come il trasferimento in altra sede o l'avvenuta conclusione del procedimento penale. Il tutto nel silenzio generale e nell'ipocrisia delle toghe. Solo per fare un esempio: l'ultimo a tuonare contro l'abolizione del reato è stato sulle colonne del quotidiano Repubblica il procuratore aggiunto di Roma Giuseppe Cascini, già segretario dell'Anm, agguerrito sindacato delle toghe.
«Quel reato puniva comportamenti anche gravi di abuso di potere da parte di pubblici ufficiali per favorire qualcuno o danneggiare qualcun altro e non possono restare privi di sanzione», ha tuonato Cascini riferendosi alla governatrice dell'Umbria Donatella Tesei archiviata. Nessun accenno ai suoi colleghi magistrati, anche loro archiviati. Canis canem non est, vecchia storia anche questa.
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