"Comando ancora io" Per Matteo è già campagna elettorale

Comizio improvvisato per celebrare la vittoria. Attacca Grillo, Ue e gli ex Pd

"Comando ancora io" Per Matteo è già campagna elettorale

Roma Renzi ha vinto, scontato. Ma non vuole fare l'errore del passato: stravincere umiliando gli avversari. Teme altri strappi, altre scissioni. «Umiltà e responsabilità», dice commentando i risultati in una sorta di comizio che prefigura una campagna elettorale. Parla di Europa, giurando di voler batter i pugni sul tavolo per togliere acqua al mulino di Grillo. Poi parla del partito: «Abbiamo litigato troppo. Ha vinto tutto il Pd ma anche quello che non s'è vergognato delle cose fatte». Difende il Jobs act e critica chi si è lamentato troppo. Ma non affonda sugli avversari. Dice: «Non è la rivincita ma oggi inizia una storia nuova. È un foglio bianco. Non è il secondo tempo della stessa partita ma è un'altra partita. Non siamo stati in grado di portare la gente dalla nostra parte dal basso. Questo è un risultato impressionante ma dobbiamo coinvolgere dal basso le persone». Quindi giura: «Torneremo a discutere». Non con chi ha fatto la scissione, quelli li sbeffeggia: «Vogliamo fare una grande coalizione ma con le persone non con dei presunti partiti che non rappresentano nemmeno se stessi». Quindi ammette: «Io non ho mollato, ogni giorno una polemica, un litigio, un problema». Promette che non sarà più così ma di fatto Renzi è più potente, forte dello scontato successo nella più noiosa e inutile battaglia interna delle primarie del Pd. «Il capo sono io» perché a fronte di circa 2 milioni di elettori che si sono espressi, più di 6 su 10 hanno scelto lui. Renzi canta vittoria, ammettendo la sberla subita al referendum che lo ha sradicato da palazzo Chigi. Adesso, però, Renzi si risente Fonzie. Anche esteticamente posto che si presenta al seggio di Pontassieve, accompagnato dalla moglie Agnese, col giubbino di pelle nera. Poi, la tradizionale messa della domenica e in serata il viaggio verso Roma per commentare i dati a caldo. L'esito è scontato: ha vinto lui con una sorta di plebiscito. Tutto cambia, quindi? Qualcosa sì. Il primo segnale è che, per la prima volta, Renzi fa mettere un palco sotto le stelle, sul terrazzo al terzo piano del palazzo che ospita la sede del partito a via del Nazareno.

Della sua esperienza al governo parla Renzi su Facebook, appena chiuse le urne: «In molti pensano che quelli che fanno politica siano robot - scrive dal treno che lo riporta a Roma - Non è così. Anche se non sembra, siamo umani anche noi». Ed ecco la confessione: «Ho vissuto cinque mesi non facili dopo la sconfitta referendaria». Ma la lezione non gli è servita, anzi. Insiste: «Rifarei domattina quella battaglia. Una battaglia persa non è una battaglia sbagliata. Sono più convinto oggi di cinque mesi fa che l'Italia avesse bisogno della svolta istituzionale che proponevamo: se fosse andata diversamente oggi l'Italia sarebbe più forte, in Europa e non solo. E la politica non stagnerebbe in una palude di imbarazzanti ritardi, a cominciare dalla melina sulla legge elettorale. Ma il popolo ha deciso e il popolo ha sempre ragione».

Renzi confessa che dopo la sconfitta ha pensato di chiudere con la politica, come del resto annunciato più volte in televisione e non solo: «Quando mi sono dimesso, volevo davvero mollare tutto. Dopo anni di impegno totalizzante per la cosa pubblica, volevo pensare a me, ai miei, ai fatti miei. Non mi vergogno di dirlo: volevo mettere al centro il mio futuro».

Poi, però, ha cambiato idea. E le primarie, i tanti militanti che ieri si sono espressi, sono lo strumento che gli permettono di rimangiarsi l'addio alla politica.

La sensazione è che Renzi si

sia preso una bella rivincita nei confronti della minoranza interna che tuttavia non è morta. È ridimensionata ma può ancora far male qualora l'ex premier forzasse la mano su alleanze, futuro del governo, legge elettorale.

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