Al netto delle responsabilità di Trenitalia (che ci sono, e sono pure gravi), qui non ci troviamo dinanzi al singolo incivile che occupa, abusivamente, il posto in treno prenotato da un passeggero disabile. Qui ci troviamo dinanzi a ben 25 (venticinque!) incivili che si sono comportati nella stessa maniera nei confronti di altrettanti viaggiatori con handicap. E dinanzi a una simile inciviltà generalizzata si perde la voglia perfino di polemizzare. Anche perché, all'indomani del fattaccio (25 ragazzi disabili fatti scendere dal treno Genova-Milano a causa del rifiuto dei turisti di cedere loro i posti che i giovani avevano prenotato) ora assistiamo al solito - squallido - balletto dello scaricabarile, per certi versi triste almeno quanto l'episodio incriminato.
Trenitalia giura di «aver fatto il suo dovere», anche se risulta difficile crederlo. A puntare il dito contro Trenitalia è Giulia Boniardi, responsabile di «Haccade», l'associazione con cui viaggiavano i 25 ragazzi che - causa treno sovraffollato alla stazione di Genova Porta Principe - sono dovuti tornare in pullman a Milano: «La colpa di quanto successo non è di chi non si è alzato, ma di chi non ha garantito il servizio. Stanno mettendo le persone una contro l'altra, è una narrazione agghiacciante, il focus è la mancata tutela di un diritto, quello di viaggiare, il messaggio non è poveri disabili trattati male». Intanto ognuno dice la sua, ma il senso di angoscia che questa vicenda suscita non si placa a colpi di bla bla. Sconfortante anche il comportamento della polizia che non è riuscita a dirimere la questione, con l'arroganza dei turisti-teppisti (pare che alcuni di loro abbiano pure vandalizzato il convoglio) che alla fine ha avuto la meglio sulla legalità. Come avviene troppo spesso. Le «associazioni dei consumatori» recitano il solito copione: «Presenteremo un esposto alla magistratura per l'ipotesi di violenza privata». Come se il degrado morale (dei passeggeri che non si sono alzati) e l'incapacità organizzativa (di Trenitalia che non riesce a garantire a tutelare i propri passeggeri, a cominciare da quelli più deboli) fossero reati perseguibili penalmente. C'è chi tira in ballo addirittura uno strano neologismo: «Daspo ferroviario». Cioè il «divieto a vita» di salire sui treni italiani per tutti i passeggeri che hanno costretto i ragazzi disabili a scendere dal convoglio. In teoria ci sarebbe anche l'articolo del codice penale ad hoc: il 610, secondo cui «chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni». Ma in questo caso non c'è stata né «violenza» (fisica), né «minaccia»; e quindi anche il proclama del «daspo ferroviario a vita» finisce col retrocedere al rango di inutile frase ad effetto. La difesa dell'azienda ferroviaria per bocca della direttrice regionale Trenitalia Liguria, Giovanna Braghieri : «Nessuno dei viaggiatori che avevano occupato i posti riservati ai disabili si è alzato, i viaggiatori sono stati invitati più volte dal nostro personale di bordo e assistenza presente a lasciare liberi i posti evidenziando che erano riservati a una comitiva di ragazzi disabili, però questo invito non è stato minimamente accolto».
E poi: «Abbiamo ritenuto di trovare una soluzione rapidamente attivabile per dare un viaggio confortevole a questi ragazzi con la proposta di un bus sostitutivo». Braghieri ha infine conferma che «Trenitalia effettuerà il rimborso integrale dei biglietti acquistati dai disabili». Davvero una magra consolazione.
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