Se i magistrati fanno confusione tra i diritti e l'ideologia

Il provvedimento emesso dal Tribunale di Catania ha suscitato veementi reazioni da parte della attuale maggioranza di Governo

Se i magistrati fanno confusione tra i diritti e l'ideologia
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Il provvedimento emesso dal Tribunale di Catania, che affronta per la prima volta la nuova disciplina del trattenimento nell'ambito della procedura accelerata in frontiera per i richiedenti asilo, ha suscitato veementi reazioni da parte della attuale maggioranza di Governo che ha lamentato l'ennesima indebita interferenza della magistratura.

In maniera opposta, la sinistra giudiziaria e l'opposizione politica lo hanno difeso evidenziando come il provvedimento in questione sia stato correttamente emesso tramite il richiamo ai principi che governano questa materia, regolati da fonti sovraordinate - come le direttive Ue e la Costituzione italiana che non possono essere violate dalla legge ordinaria interna e in particolare dal decreto Cutro.

La vicenda in questione merita di essere segnalata perché ripropone un tema di difficile soluzione quando una maggioranza, non di sinistra, è chiamata a governare il nostro Paese: l'individuazione di un punto di incontro tra la gestione giudiziaria dei diritti fondamentali e le prerogative della rappresentanza. Al riguardo è vero che i nostri costituenti hanno voluto una costituzione rigida proprio perché i diritti fondamentali di ogni persona non potessero più essere abrogati da una maggioranza di governo, evitando, in tal modo, che potesse verificarsi quanto accaduto durante i totalitarismi.

Ma è altrettanto vero che il reciproco rispetto tra i poteri dello Stato impegna la Magistratura a trovare soluzioni ancorate nel diritto positivo e non nelle convinzioni ideologiche. Ad aggravare il quadro concorre l'organizzazione politica che si è data la parte più ideologizzata della magistratura. Esprimere le proprie idee opinioni su temi politici come immigrazione è legittimo anche quando a farlo sia un magistrato. Ma diventa più complicato quando a giudicare su queste vicende siano coloro i quali, al di là dei post su Facebook, facciano parte di raggruppamenti associativi che su quei temi si sono pubblicamente esposti, con convegni, comunicati, interviste, sostenendo posizioni antitetiche rispetto a una parte politica. Tutto questo mette seriamente in discussione il tema della imparzialità e dell'autonomia di giudizio poiché determina una commistione di ruolo tra la magistratura e la politica. Quello che valutando quanto accaduto al Csm a proposito della pratica a tutela della dottoressa Apostolico anche una parte della magistratura sembra non sopportare più.

E se è vero come sostenuto da Giuseppe Santalucia, presidente dell'Anm, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera, che è «malcostume giornalistico passare ai raggi X la vita di un magistrato, per spostare la critica dal provvedimento alla persona» lo è anche negare che esista una interpretazione ideologica sui temi in questione.

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