Esiste un «machismo» in gonnella (e quello non è che sia molto più interessante dell'originale) ed esiste un «femminismo vero» o, per ripulire il linguaggio da equivoci in agguato, diciamo che esiste una «causa femminile». Che ha meno a che fare con le parole che devono terminare in asterisco, con quanta porzione di corpo possiamo scoprire prima di essere etichettate come «oggetto» o con l'opportunità di essere chiamata assessora con la «a» piuttosto che con la «e», bensì ha più a che vedere con «feccenduole» tipo libertà imprescindibili, diritti umani e lotta contro la pena di morte. Il premio Nobel per la Pace è stato assegnato ieri a Narges Mohammadi per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran. Narges ha cinquantun'anni, è una delle attiviste più importanti del suo Paese, si batte per i diritti umani e in particolare per quelli negati delle donne. In questo momento si trova rinchiusa nel carcere di Evin a Teheran (praticamente la Guantanamo dell'Iran) dove deve scontare una condanna a dieci anni per «diffusione di propaganda antistatale». Ma di condanne ne ha accumulate cinque, è stata arrestata 13 volte, le sono stati inflitti 31 anni di galera, 154 frustate e un numero imprecisato di torture e umiliazioni. La crudeltà peggiore è stata però quella di separarla dai suoi due figli (che vivono in esilio in Francia e non vedono la mamma da 8 anni) e dal marito. É questa la cosa che, più delle cinghiate, avrebbe piegato chiunque. Tanto che viene da chiedersi come faccia una donna a darsi una determinazione così netta, a non spostarsi dalla propria missione anche quando, dall'altra parte della scelta, ci sono dei figli. «Perché lo fa per loro» è l'unica risposta frequentabile. Per consegnare un mondo più in ordine a loro.
È importante che il Nobel per la Pace sia stato assegnato a Narges e un po', per estensione, alle coraggiosissime signore iraniane alle quali è impedito tutto ciò che riempie di dignità un individuo, ma devasta che per ottenere attenzioni, empatia sociale e riconoscimenti le donne debbano passare per il martirio: infibulazioni, segregazioni, massacri etnici... Il giorno in cui le nostre femministe scopriranno il femminismo sarà sempre troppo tardi.
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