"Compagni, questa è la nuova Genova". I progetti eversivi della Ong di Casarini

"Operazione Disobedience": si chiamava proprio così, "Operazione Disobbedienza", il progetto originale che dà il via a Mediterranea, la ong guidata dall'ex rivoluzionario veneziano Luca Casarini

"Compagni, questa è la nuova Genova". I progetti eversivi della Ong di Casarini
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«Operazione Disobedience»: si chiamava proprio così, «Operazione Disobbedienza», il progetto originale che dà il via a Mediterranea, la ong guidata dall'ex rivoluzionario veneziano Luca Casarini, finita ora al centro dell'inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina della procura della Repubblica di Ragusa. Negli atti depositati dai pm saltano fuori i finanziamenti per centinaia di migliaia di euro forniti a Mediterranea da tre Arcivescovadi, e l'altro giorno la Conferenza episcopale italiana ammette la circostanza, rivendicando il diritto-dovere della Chiesa a «schierarsi dalla parte di chiunque soffre».

Benissimo. Ma la genesi di Mediterranea, così come ricostruita dalla Procura ragusana, racconta una storia diversa dal nobile amore per il prossimo. Lo spirito con cui Casarini & C. danno vita al progetto è poco umanitario e molto politico. Di contrapposizione frontale, senza mediazioni, col governo. Uno spirito che viene sintetizzato da Luca Casarini in una frase sola: «Compagni, questa è la nuova Genova». Commenta il rapporto informativo della Guardia di finanza: «Naturalmente in riferimento al G8 del 2001 in cui lo stesso (Casarini, ndr) fu il protagonista delle note rivolte».

La genesi di Mediterranea viene ricostruita dalle «fiamme gialle» grazie al contenuto dei telefoni sequestrati a Casarini e agli altri indagati l'1 marzo 2021. Analizzandone la memoria, gli investigatori sono risaliti al 28 giugno 2018, quando Casarini crea su Telegram la chat intitolata «Operazione Disobedience». Nel gruppo inserisce Giuseppe Coccia, futuro presidente di Mediterranea, e Alessandro Metz, entrambi oggi indagati con lui. La Finanza si sofferma però su altri due nomi inseriti dal leader nel gruppo: Gianmarco De Pieri e Meco Bologna, «ovvero Domenico Mucignat». Spiega la Gdf: De Pieri è «già leader in passato del centro sociale Tpo - Teatro polivalente occupato di Bologna)»; Mucignat ovvero Meco è «leader già appartenente al gruppo dei disobbedienti del Tpo», il teatro occupato del capoluogo emiliano. De Pieri è da vent'anni un antagonista doc, legato al circuito dei Disobbedienti, accanto a Casarini sin dai tempi dell'assalto al Cpt di Bologna e dei convegni accanto a Toni Negri, leader dell'Autonomia operaia negli anni Ottanta. Nel curriculum di De Pieri c'è l'accusa di istigazione a delinquere per l'attacco a Bankitalia nel 2011, il divieto di soggiorno a Bologna per gli scontri del giugno 2015, seguito dagli arresti domiciliari e dalla condanna per lo stesso reato. Un singolare tipo di pacifista che quando nel 2016 Matteo Salvini si fermò a prendere un caffè in un bar vicino al suo lo attaccò dicendo «torna a Milano, ricordati che hai due figli», e che due anni fa partecipò agli scontri con la polizia per impedire lo sgombero del centro sociale La'Bas.

Significativa la presenza nel «nucleo fondatore» di Meco Mucignat, perché proprio l'antagonista è già allora uno dei primi interlocutori della Chiesa bolognese: a partire dall'allora arcivescovo Matteo Zuppi, ora presidente della Cei, che tre mesi prima della chat, nel marzo 2018, ha accettato l'invito nel centro sociale Tpo. «Ha introdotto i temi della accoglienza e della disobbedienza», dice Mucignat. Sarà Zuppi, secondo le intercettazioni della Gdf, a benedire il flusso di soldi in direzione di Mediterranea.

Stando ai verbali dell'indagine, a venire finanziata dalle Curie italiane è più un circolo antagonista che una organizzazione umanitaria (anche perché Giuseppe Caccia, che diverrà il presidente, viene registrato mentre dice «io non ne capisco un cazzo di navi»). Un gruppo di soccorritori improvvisati, dove emerge - scrive sempre la Gdf - «la quasi totale mancanza di preparazione, delle elementari nozioni marinaresche in possesso dei partecipanti al progetto che li condurrà di lì a poco a diventare degli esperti di salvataggio in mare (...

) traspare la mancanza dei minimi requisiti di sicurezza nello svolgere i salvataggi in mare». Ma più che di salvare i disperati, forse a Casarini e gli altri interessava combattere il governo. Fare «una nuova Genova» con la benedizione (e i soldi) dei vescovi.

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