La concordia nazionale pro-Meloni: perfino "Il Manifesto" applaude la premier

Riconoscimenti unanimi dopo il successo diplomatico del governo: "Hanno remato tutti dalla stessa parte"

La concordia nazionale pro-Meloni: perfino "Il Manifesto" applaude la premier
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Dalla politica ai media, dopo la liberazione di Cecilia Sala scoppia la «concordia nazionale». Opposizione e maggioranza e tutto il panorama mediatico italiano si uniscono, dopo quello che è stato considerato all'unanimità «un successo» del governo guidato da Giorgia Meloni.

Per questa volta, dunque, il clima è quello della pace. «Virale» sui social la prima pagina del quotidiano comunista Il Manifesto. Nella consueta grande foto si vedono Sala e Meloni che si salutano, all'arrivo della giornalista a Ciampino. Poi il titolone: «Anche cose buone». Il riferimento, ironico, è alla vulgata del Mussolini che «ha fatto anche cose buone». Ma, battute sul fascismo a parte, il quotidiano che si definisce «comunista» parla di «successo personale» della «presidente Meloni», «grazie al via libera di Trump». «Ciao, sono tornata», scrive Il Corriere della Sera, riprendendo le parole del primo messaggio vocale della cronista, inviato in chat ai colleghi di Chora Media. Stesso titolo de La Stampa. Mentre La Repubblica apre sull'«abbraccio a Cecilia». Con foto del saluto al compagno Daniele Raineri e ai genitori. Nelle pagine interne del quotidiano più diffuso del gruppo Gedi Concita De Gregorio nella sua rubrica sottolinea: «Per una volta hanno remato tutti insieme». «Bravi tutti quelli che hanno lavorato alla liberazione di Cecilia Sala, in questi venti giorni. Prima tra tutti Giorgia Meloni che - anche lei - ha giocato una partita solitaria», scrive. E ancora: «L'ha presa in carico personalmente, è evidente, e questo resterà agli atti. Una pagina anche per lei, nella sua autobiografia, storica». La Stampa parla di «una speranza: quella di un Paese che sa unirsi quando è necessario. Dalla presidente del Consiglio al presidente della Repubblica, dai servizi alla diplomazia fino all'opposizione e alle parti sociali. Non c'è alcuna polemica da fare, davanti a questo risultato».

Le cronache, poi, danno conto della «triangolazione» di Meloni tra gli Usa, l'Italia e il regime di Teheran, con l'obiettivo di arrivare alla scarcerazione di Sala. E ancora Repubblica, in un altro commento, parla dell'«eredità di un successo diplomatico». Dell'immagine, per un giorno, «di un Paese intero capace, se lo vuole, di unirsi e di raggiungere con resilienza, compostezza e capacità, un obiettivo di grande valore materiale e simbolico». E quindi, «di questo risultato va dato atto, innanzitutto, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al suo sottosegretario con delega ai servizi Alfredo Mantovano, ai ministri degli Esteri e della Giustizia Tajani e Nordio, al direttore dell'Aise Giovanni Caravelli». Ma anche «alla responsabilità e al contegno dell'opposizione parlamentare».

D'altronde anche lo stesso compagno di Sala, il giornalista de Il Post Daniele Raineri, ex Repubblica e Il Foglio, aveva detto che nella storia della liberazione della podcaster e cronista, «ci sono due protagoniste: una è Cecilia Sala e l'altra è Giorgia Meloni». Diversa solo la sfumatura offerta da Il Fatto Quotidiano, che titola: «Sala: ecco lo scambio dietro la liberazione».

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