La conferma dei pm: contatti tra 007 e Striano

La Procura di Perugia ha avuto riscontro dei rapporti tra il luogotenente e i servizi segreti

La conferma dei pm: contatti tra 007 e Striano
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Nel circuito perverso di dossieraggi e di scoop insediato nella Direzione nazionale antimafia, solo un tassello mancava a rendere il quadro perfetto: i servizi segreti. Ora la lacuna è colmata. Nel verbale di interrogatorio di Guido Crosetto, il ministro della Difesa che con la sua denuncia ha dato il via all'inchiesta, si parla espressamente del ruolo che pezzi degli apparati di intelligence avrebbero avuto nella raccolta di informazioni intorno a lui. Crosetto, interrogato come vittima dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone, racconta di avere riferito i suoi timori a due tra i massimi esponenti del settore degli 007: Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e autorità delegata alla sicurezza, e Elisabetta Belloni, capo del Dis, l'organismo di controllo dei «servizi».

Quali attività abbiano svolto Mantovano e Belloni per approfondire i timori di Crosetto non è per ora dato sapere, anche perchè si tratta verosimilmente di accertamenti coperti dal segreto di Stato. Ma la Procura di Perugia ha ritenuto doveroso scavare su questo versante, andando a cercare casi di contatto tra Pasquale Striano, luogotenente della Guardia di finanza, indagato insieme all'ex pm Antonio Laudati per gli accessi abusivi alla banca dati della Dna, e servizi segreti. Almeno un contatto è saltato fuori. Mentre foraggiava con decine e decine di atti riservati gli articoli dei suoi amici del giornale Il Domani, Striano dava una mano anche alle «barbe finte». L'interlocutore accertato sarebbe un funzionario dell'Aise, il servizio segreto esterno, che al finanziere chiede una Sos, una delle Segnalazioni di operazioni sospette provenienti dalla Banca d'Italia e concentrate nell'ufficio in Dna di Striano e del pm nazionale Antonio Laudati. Tema della Sos, attività ricollegabili al Vaticano.

Ora il verbale di Crosetto fa parte delle migliaia di pagine depositate dalla procura di Perugia alla Commissione Antimafia. E così si comincia a capire meglio a cosa si riferisse il giudice perugino Elisabetta Massini quando nell'ordinanza che rifiutava l'arresto (chiesto da Cantone) di Striano e Laudati citava rapporti dei due indagati con «soggetti all'interno di organismi istituzionali». «Parliamo di apparati di sicurezza», avevano fatto sapere fonti vicine agli inquirenti. Ora il cerchio si completa: e viene alla luce il legame tra Striano e l'Aise. L'episodio accertato è per ora uno solo, e lo 007 in contatto con Striano viene definito di livello «non alto». Ma è chiaro che se si scopre che la «macchina da dossier» interna alla Dna era a disposizione anche dei servizi segreti, almeno due domande si impongono. Quanti altri favori, magari non emersi, ha fatto Striano alle «barbe finte»? E, soprattutto: per quale motivo e per colpire quale bersagli gli uomini dei servizi segreti invece di utilizzare direttamente le loro banche dati preferivano passare per il canale deviato?

Il «divieto di divulgazione» con cui la Procura di Perugia ha accompagnato l'invio delle carte alla Commissione Antimafia per ora regge abbastanza, ma è chiaro che prima o poi i documenti dell'inchiesta (che non sono più segreti, essendo stati messi a disposizione degli avvocati di Striano e Laudati) entreranno in circolazione.

E sarà interessante capire quante altre tracce concrete salteranno fuori a conferma di quanto Crosetto e altre vittime dei dossieraggi hanno sempre temuto: che a manovrare fughe di notizie e rivelazioni giornalistiche fossero anche pezzi di apparati dello Stato.

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