Conflitto congelato, Kiev fuori dalla Nato e Donbass annesso: "Putin apre a Trump"

Fonti russe: "Lo Zar pronto a discutere di una tregua mediata dal tycoon". Peskov: "Sì ai negoziati ma non rinunceremo a raggiungere i nostri obiettivi militari"

Conflitto congelato, Kiev fuori dalla Nato e Donbass annesso: "Putin apre a Trump"
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Un'indiscrezione seguita da una smentita. Era successo a proposito della notizia di una telefonata tra Putin e Trump, lanciata dal Washington Post e negata dai russi. È ricapitato ieri: l'agenzia Reuters cita cinque fonti diverse e parla di un piano di Mosca per congelare la linea del fronte e aprire un negoziato per la pace in Ucraina; subito Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, si affretta e dire che non è vero niente e che congelare» la situazione senza raggiungere gli obiettivi previsti non servirebbe a nulla.

Nella cortina di nebbia che avvolge la guerra i russi si muovono con abilità. Mostrano le carte senza farlo ufficialmente, si preparano alla presidenza Trump e alle trattative ma allo stesso tempo si mostrano intransigenti e indisponibili a concessioni significative. Nel progetto illustrato da Reuters Putin si dice disponibile a parlare con Tump, pronto a discutere della suddivisione delle regioni centro-orientali dove infuria la guerra, Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson ma non di Crimea che è ormai data per russa senza condizioni. C'è la disponibilità a restituire piccole porzioni delle regioni di Kahrkiv e Mykholaiv e il veto a ogni partecipazione dell'Ucraina alla Nato con la concessione di alcune garanzie di sicurezza per Kiev. La falsariga secondo le indiscrezioni sarebbe quella della bozza di accordo raggiunto a Istanbul nel 2022, ancora agli inizi della guerra.

Nulla di inedito. Anzi. Ma a cambiare è stato il contesto. L'elezione di Trump ha messo fuori gioco i «falchi del Pentagono» ed è arrivata in un momento in cui gli stessi ucraini mostrano la stanchezza per una guerra terribile: per la prima volta in un sondaggio Gallup il 50 per cento degli interpellati si dichiara favorevole a uno scambio tra pace e territori occupati. Due anni la percentuale di chi prendeva in considerazione un accordo del genere era praticamente inesistente.

È il frutto del martellamento del Cremlino che in previsione dell'apertura di una trattativa dopo l'insediamento di Trump ha alzato il livello degli attacchi sia agli insediamenti civili sia agli impianti energetici e che

allo stesso tempo, pur tra perdite elevatissime ha strappato al nemico alcuni strategici villaggi nell'Est del Paese. La Russia, ormai trasformata in una macchina da guerra, cerca di posizionarsi al meglio per i negoziati.

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