"Conosco Trump da 30 anni. Con lui mondo più sicuro". Intervista a Flavio Briatore

L'imprenditore: "Trump mi ha chiamato 15 giorni fa. Ho rinunciato a un incarico per lui dopo il ritorno in F1"

"Conosco Trump da 30 anni. Con lui mondo più sicuro". Intervista a Flavio Briatore
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«Io penso che se Trump fosse stato il presidente degli Stati Uniti, difficilmente ci sarebbe stata la guerra in Ucraina».

Flavio Briatore, 74 anni, imprenditore di grande successo, tornato da poco in Formula 1 come consulente del team Alpine (Renault), è sicuramente l'italiano più vicino a Donald Trump.

Flavio, cosa ha pensato quando ha saputo dell'attentato?

«Ho subito pensato ai fratelli Kennedy. Alla loro tragica fine. Al vizio degli americani di sparare ai presidenti e ai candidati alla presidenza. Appena viste le immagini ho chiamato un amico comune e mi ha detto che Donald stava bene. Tanto panico e un rischio enorme. Se il fucile fosse stato spostato di un centimetro o due a sinistra sarebbe morto. Il proiettile gli avrebbe trapassato il cervello. È già successo. Con Lincoln, con John Kennedy. Non deve più succedere. Bisogna trovare il modo perché non succeda più».

C'è stata una falla nel sistema della sicurezza?

«Questo ragazzo si muoveva liberamente a cento metri dal podio di Trump. Ho visto che gli uomini della sicurezza erano tutti attorno a Trump e sono scattati subito in sua difesa. Però la bonifica dei tetti doveva essere stata fatta prima. Il killer ha preso la mira da 120 metri, in tutta calma, senza essere disturbato, e ha sparato quasi a colpo sicuro».

Ci parla del suo rapporto con Trump?

«Una grande amicizia. Prima che fosse eletto presidente ci vedevamo molto spesso. Ma anche adesso ci sentiamo almeno due volte al mese e poi ci vediamo spesso a New York. Mi aveva nominato suo rappresentante in Europa per The Apprentice, il talent show per imprenditori che ha avuto un successo incredibile in tutto il mondo e che avevo già fatto».

Quando l'ha sentito l'ultima volta?

«Giusto due settimane fa»

Cosa vi siete detti?

«Mi ha chiesto di andarlo a trovare nella sua casa di Mar-a- Lago, in Florida. Però il vero motivo della chiamata era comunicargli che per il mio nuovo impegno in Formula 1 avrei dovuto rinunciare all'incarico che mi aveva affidato in Europa per The Apprentice».

Come lo aveva sentito Donald?

«Tutti i grandi quando vanno sotto pressione diventano ancora più carichi e combattivi».

Secondo lei questo attentato cambierà le sorti della campagna elettorale?

«Sì. Gli americani adorano gli eroi. E Donald è un eroe. Basta vedere come ha reagito a questo attacco. Ha alzato il pugno, ha gridato Fight fight. Ha dato una chiara dimostrazione di eroicità».

Dall'altra parte c'è la debolezza di Biden.

«Se Biden rimane candidato e si presenta alle elezioni di novembre, è un grande vantaggio per Donald. Già ha un vantaggio enorme nei sondaggi. Ora, dopo quell'immagine di lui che esce in piedi e grida fight»

Come vi siete conosciuti?

«A New York. Lui era un costruttore. Non era un leader politico. Eravamo un gruppo di imprenditori. Poi l'ho portato in Europa per la prima volta nel 1995. Quasi 30 anni fa. A Parigi. Lui viaggia poco. Avevo appena vinto il campionato del mondo di Formula 1 con la Benetton. Donald non si capacitava della gente che mi circondava e mi chiedeva gli autografi. Poi ci siamo visti tante volte. Donald è molto professionale. Tra noi c'è un rapporto molto forte».

Qual è la qualità migliore di Trump?

«È un leader. Come lo era Berlusconi. Essere leader non è un'etichetta che ti scrivi sulla giacca. Leader devi esserci. La gente deve sentire che il leader sei tu».

Ha sempre vinto?

No. Ha fatto molte cose che sono andate bene e qualche cosa che è andata male. E le cose che andavano male poi le risolveva. Per gli americani uno che fa tante cose che vanno bene e che risolve quelle che sono andate male è un Dio. In Italia se fai una cosa che va male sei rovinato per sempre».

Lui però è anche molto odiato?

«Lui ha avuto momenti difficilissimi. È sempre riuscito a uscirne. Il vantaggio dell'America è che ti da una via d'uscita. In Italia se ti scade una cambiale hai chiuso».

A livello geopolitico quanto la sua presidenza potrebbe cambiare le cose?

«Sicuramente sarebbe molto più incisivo di Biden.

Io penso che se Trump fosse stato il Presidente degli Stati Uniti, difficilmente ci sarebbe stata la guerra in Ucraina. Difficilmente ci sarebbe stato il ritiro dall'Afghanistan in quel modo pasticciato. La verità è che avere un presidente americano forte, di carattere come Trump è un vantaggio per tutto il mondo».

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