Conte gioca la carta dei nomi di bandiera. Ma resta irrilevante

Il leader 5s nicchia sul premier però non mette veti. Ed esulta per il no del Cav

Conte gioca la carta dei nomi di bandiera. Ma resta irrilevante

«Conte sta sparando una serie di nomi molto pop perché così potrà dire di averci provato a lanciare delle personalità specchiate e di indubbia moralità ma i partiti non avranno voluto, questa è la sua strategia, sa di uscirne a pezzi». Commenta così il caos del M5s una fonte parlamentare di alto profilo quando si è conclusa da poco la «cabina di regia» di Giuseppe Conte con i vertici pentastellati. Il leader dei Cinque Stelle con i suoi interlocutori continua a esprimere dubbi sull'opzione di Mario Draghi al Quirinale. Preoccupato dalla tenuta dei gruppi parlamentari, l'ex premier preferisce rifugiarsi nella formula del «non ci sono veti sull'attuale premier», come riportano fonti grilline presenti al summit. In campo, quindi, la carta della candidatura di bandiera. E i nomi che girano sono sempre quelli circolati nelle ultime ore. La senatrice a vita Liliana Segre, che già ha escluso ogni suo coinvolgimento nella partita quirinalizia, l'ex Guardasigilli del governo Monti Paola Severino e Andrea Riccardi - il più quotato dei tre - storico e fondatore della Comunità di Sant'Egidio. Calcolatrice alla mano, nel M5s provano a stimare il peso specifico delle varie tendenze che convivono nei gruppi parlamentari. E se per i più scettici «sono una trentina» gli eletti che ancora insistono sul Mattarella bis, il consenso che potrebbe riscuotere Draghi è molto più volatile. Ma se la carta Draghi prendesse piede negli altri partiti, aumenterebbero anche i numeri nel M5s. Il muro del centrodestra di fronte alla «promozione» dell'ex capo della Bce però complica la partita tra le correnti grilline. Conte commenta sui social il passo indietro di Berlusconi: «La candidatura di Silvio Berlusconi era irricevibile. Con il suo ritiro facciamo un passo avanti e cominciamo un serio confronto tra le forze politiche per offrire al Paese una figura di alto profilo, autorevole, ampiamente condivisa». L'avvocato potrebbe prendere in considerazione una proposta di Fi, Lega e Fdi, ma in questo caso peserebbero i veti del Pd e la riluttanza di tanti parlamentari stellati su un nome moderato. Quel che è sicuro è che la compattezza dei gruppi è poco più di un'utopia. Anche per questo Conte rilancia sulle candidature di bandiera, aspettando di fare il punto con gli alleati. Oggi è in programma un nuovo vertice a tre con il segretario del Pd Enrico Letta e con il segretario di Articolo 1 Roberto Speranza. Alle 21 poi Conte riunirà i 234 grandi elettori del Movimento. Nel frattempo l'ex premier tiene i contatti con Salvini e Meloni con l'obiettivo di arginare Draghi.

Eppure l'arrivo del premier al Quirinale potrebbe lasciare aperta la porta delle urne al presidente del M5s. Che non disdegnerebbe le elezioni per stilare le liste e prendere il controllo di una truppa parlamentare che sarà ridotta ma più compatta. Stando a quanto trapela da fonti parlamentari, Conte avrebbe confidato a Letta che «se tra due mesi salta il patto del nuovo governo noi non ci prodigheremo per evitare il voto». Una scommessa sulla fragilità di un ipotetico patto di legislatura. Intanto gli ex grillini scelgono gli avversari di sempre. Saverio De Bonis, senatore eletto con il M5s, passa dal Misto a Forza Italia. Stesso approdo per la senatrice Silvia Vono, arrivata a Fi dopo un transito in Italia Viva.

E hanno il sapore del canto del cigno su una storia le ricadute dell'inchiesta sui rapporti tra la Moby e il fondatore Beppe Grillo. «Io sono stato espulso per due soldi mentre Grillo e Casaleggio intascavano milioni: mi sento tradito», dice con rabbia il senatore ex M5s Mario Michele Giarrusso, espulso nel 2020 per le mancate restituzioni.

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