Instabile politicamente, in procedura d'infrazione per deficit eccessivo e con il debito più grande dell'Eurozona. Non c'è da stupirsi se i titoli di Stato della Francia di Emmanuel Macron sono considerati rischiosi quanto o poco meno di quelli di Italia e Spagna, Paesi che dopo la crisi del 2008 sono stati bersagliati a colpi di spread e ora si preparano a mettere la freccia su Parigi in quanto ad affidabilità sui mercati finanziari. Ieri, infatti, il titolo di Stato decennale francese rendeva il 2,8% esattamente come l'omologo spagnolo (che aveva già accennato un momentaneo sorpasso nei giorni scorsi) e appena una cinquantina di punti base in meno (lo 0,5%) rispetto ai Btp italiani. È il caso di dire «appena» perché due anni fa, all'incirca quando si è insediato il governo Meloni, il nostro titolo di stato doveva pagare 170 punti base in più (l'1,7%) agli investitori per trovare collocamento sul mercato rispetto a quanto dovevano fare i colleghi francesi. Non sono numeri casuali, ma derivano da performance economiche che ormai da diversi anni sono migliori a Roma e Madrid rispetto a quelle di Parigi.
Il Paese guidato dal presidente Macron - esattamente come l'Italia - è stato relegato dall'Europa in procedura di infrazione per deficit eccessivo e per quanto il rapporto tra debito e Pil sia migliore rispetto a quello italiano (110% contro 134%) in termini assoluti ha un'esposizione sul mercato vicina ai 3.200 miliardi, il che lo rende il debito più elevato in Europa in termini assoluti. Quanto al Prodotto interno lordo, nel post Covid il nostro Paese ha osservato una crescita quasi sempre più vivace di quella francese negli anni dal 2021 in poi. Infatti, se si confronta l'ultimo trimestre 2019 con il primo trimestre del 2024 l'Italia ha visto una crescita cumulata della ricchezza del 4,6% contro il 3,7% della Spagna e il 2,2% della Francia. Nel secondo trimestre 2024, invece, Parigi e Roma hanno proseguito appaiate con un +0,2% ciascuno.
Il dato che più salta all'occhio, però, è quello inerente al mercato del lavoro. Basti pensare che a gennaio 2014 l'Italia aveva un tasso di disoccupazione al 13% contro il 10,2% transalpino. Ebbene, dopo un decennio nel marzo di quest'anno si è consumato il sorpasso: 7,2% contro 7,3% e la tendenza negli scorsi mesi si è consolidata, con il nostro Paese che alla fine di giugno è tornato ai minimi dal 2008 (al 6,8%) e i cugini francesi ancora fermi al 7,3 per cento.
Insomma, tutti questi dati servono a fotografare una Francia - seconda economia europea per grandezza dopo la Germania - che sta pagando più di qualche difficoltà, nonostante abbia conosciuto un impatto inferiore dalla crisi energetica che ha attraversato il continente nel biennio 2022-2023.
Se ne sono certamente accorte le agenzie di rating internazionali, con Standard and Poor's che la scorsa primavera ha declassato il debito francese ad «AA-» proprio a causa di un debito salito più del previsto e lo stesso avevano fatto non molto tempo prima i colleghi di Fitch. Bocciatura che allontana sempre di più la Francia dal club della tripla «A» in cui è stata fino al 2011. A questo punto, però, è da chiedersi se una Francia politicamente nel caos saprà evitare altri declassamenti.
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