In principio era San Francesco, patrono d'Italia e dei Cinque Stelle. Ma per passare dal Poverello di Assisi ai litigi sul vil denaro sono bastati due anni e mezzo di potere. Agli inizi il M5s era contro l'austerity europea e a favore dell'austerità nei comportamenti personali e nella gestione del partito-non partito. Proprio ad agosto scorso, il fondatore Beppe Grillo dalla sua villa ribadiva i princìpi delle origini. «Il sogno M5s era un Movimento senza sedi, né tesori», l'ammonizione ai nuovi leader. Eppure le parole dell'Elevato sono cadute nel vuoto. I pentastellati si accapigliano anche sui soldi. Di sabato l'ultima polemica a tema pecuniario. Davide Casaleggio, di fronte alla richiesta di diventare un semplice fornitore di servizi, ha risposto con una proposta esosa. Un contratto di servizio da 1 milione e 200mila euro l'anno. Idea considerata «irricevibile» dal capo politico reggente Vito Crimi. Ma tutto lo scontro con il capo di Rousseau verte su questioni di tasca.
La situazione è precipitata quando i parlamentari hanno cominciato a disertare in massa l'appuntamento mensile con il pagamento dei 300 euro per il mantenimento della piattaforma. Casaleggio ha avvertito che senza i soldi di deputati e senatori non si va avanti. Tagliate otto funzioni del sito della democrazia diretta. La lite è proseguita con la minaccia di rendere pubblici i nomi dei morosi e con l'invito, disatteso, recapitato dal guru ai probiviri, di espellere senza pietà chi non vuole scucire il denaro per la tassa Rousseau. «Siamo stufi di pagare», si ribellano i portavoce. Ma l'Associazione di Casaleggio fa comunque comodo al Garante Grillo perché si occupa di coprire le spese legali per le querele collezionate dal fondatore nell'esercizio del suo ruolo politico. Sempre ai soldi si torna.
E non si cambia argomento per quanto riguarda un altro dei motivi di tensione all'interno del gruppone stellato in Parlamento. Parliamo del taglio degli stipendi. Le famigerate restituzioni. Che sono ormai il principale motivo di espulsione dal M5s. Infatti non ci sono soltanto i 300 euro da dare per la causa della democrazia digitale. I grillini da sempre si fanno un vanto della scelta di tagliarsi le indennità per restituirle alla collettività. Ma tanti degli eletti di Camera e Senato sono stufi di rinunciare allo stipendio. O perlomeno vorrebbero decidere autonomamente la destinazione dei loro soldi. Invece esiste un conto intestato al capo politico e ai capigruppo a Montecitorio e Palazzo Madama dove accreditare il bonifico.
Maledetti bonifici. Causa di un vero e proprio caso mediatico più di due anni fa, quando Le Iene scoprirono il trucchetto per tenersi i soldi escogitato da alcuni parlamentari della scorsa legislatura. Il sistema consisteva nella pubblicazione del bonifico sul sito Tirendiconto.
it per poi annullare il versamento entro le 24 ore successive. In questo modo la restituzione risultava effettuata ma gli euro non arrivavano dove promesso. Nel Movimento senza denaro ispirato a San Francesco d'Assisi non si fa altro che parlare di soldi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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