Contrordine da Ankara. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan applica, con ritardo, il contratto siglato con l'Ue sui migranti. E chiede alla guardia costiera nazionale di non consentire più l'immigrazione clandestina verso le isole greche di Lesbo e Chios, così come accaduto negli ultimi cinque anni. E per prendere questa decisione ha atteso che a Evros, sul confine, la situazione che ha creato a tavolino si facesse difficile e complessa.
La crisi dei migranti, sapientemente mescolata al dossier Siria, si arricchisce di un nuovo e imprevisto capitolo. Su quegli atolli nell'Egeo si trovano 42.568 migranti, bloccati lì fino a quando le loro richieste di asilo non verranno esaminate da un sistema che deve fronteggiare 90mila pratiche arretrate. Ma Ankara batte nuovamente cassa: Erdogan sarà domani a Bruxelles e ne ha parlato al telefono con il primo ministro croato Andrei Plenkovic, presidente di turno.
Un passaggio che ha sottolineato lo stesso premier greco, il liberal-conservatore Kyriakos Mitsotakis, dai microfoni della Cnn: «L'accordo è morto, Ankara ha deciso di violarlo completamente sulla base di ciò che sta accadendo in Siria. Ha l'obbligo di impedire alle persone di raggiungere la costa, limitare i trafficanti e impedire alle persone di attraversare illegalmente la Grecia ma fa il contrario».
Ma come mai Erdogan vuol rispettare adesso quell'accordo? Perché ne insegue un altro e per via dell'intreccio con la crisi in Siria, dove spera di prendere parte alla grande partita per la ricostruzione.
Dopo il vertice Erdogan-Putin di due giorni fa, si va verso un pattugliamento congiunto nella zona di sicurezza di Idlib. Ma dopo il cessate il fuoco, l'obiettivo vero di Erdogan potrebbe essere di replicare il modello Cipro anche in Siria, immettendo in quella terra che ha conquistato con le armi, migliaia di cittadini turchi da far impiantare in loco, partendo magari da quel corridoio di sicurezza di sei chilometri a nord e a sud dell'autostrada M4 che collega le province di Latakia e Aleppo.
Ma molti di quei migranti che fuggono dalla Siria che Erdogan ha di recente invaso e sul quale il suo esercito combatte, in quella terra tornerebbero se la guerra cessasse. Anche per questa ragione l'amministrazione Usa sta centellinando reazioni e contromosse. Il vicesegretario agli Affari europei ed eurasiatici, Matthew Palmer, da Alexandroupolis (dove è in corso la privatizzazione a stelle e strisce del porto in chiave anti Cosco al Pireo) lo ha detto a chiare lettere: «Sosteniamo il diritto della Grecia di difendere i suoi confini. Personalmente, sono rimasto colpito dalla professionalità dei servizi di sicurezza greci oltre confine, dal modo in cui hanno gestito una serie di eventi molto difficili e la Grecia ha il nostro sostegno per ciò che fa. Sia qui a Evros che nell'Egeo per garantire la sicurezza delle frontiere».
Intanto a Evros si moltiplicano le fake news diffuse dal governo turco, che ha inviato mille teste di cuoio per presidiare un confine che ha esso stesso contribuito a rendere denso di profughi. Questa la ragione per cui i presupposti per un pronunciamento da parte del Consiglio di Sicurezza dell'Onu ormai ci sono tutti.twitter@FDepalo
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