Coronavirus, dalla calma all'allarmismo: così Conte ha sbagliato

L'Italia blindata (in ritardo) per l'emergenza sanitaria nazionale del coronavirus. Così il governo ha sbagliato, nella forma e nei contenuti, nella comunicazione con il Paese

Coronavirus, dalla calma all'allarmismo: così Conte ha sbagliato

Da "situazione sotto controllo" a "tutt'Italia zona protetta, perché non c'è più tempo da perdere". In una manciata di giorni Giuseppe Conte, e con lui il governo, è passato da un estremo all'altro. In un'orgia comunicativa contraddittoria e piena zeppa di errori dovuta all'isteria da coronavirus e che ha contribuito a fomentare la psicosi collettiva in questa emergenza nazionale.

Raggiunto telefonicamente da ilGiornale.it, il comunicatore Piero Tatafiore fotografa così cosa è successo: "Il governo dovrebbe dare l'indirizzo, ma all'inizio l'indirizzo non è stato dato, o meglio è stato dato male. Ma anche gli esperti, mi riferisco ai virologi – non ai medici e agli infermieri che sono fantastici e sono da osannare, combattendo in prima linea ogni giorno –, hanno fatto e dato confusione, con dichiarazioni divergenti". Il problema originario di una comunicazione errata è stato su più livelli e dunque anche, se non soprattutto, dal punto di vista della comunità scientifica. "Dire 'è poco più di un'influenza', come ha detto qualcuno, ha generato (troppa) superficialità nelle persone, dando un'errata percezione del pericolo, derubricando il rischio del contatto-contagio all'inizio di questa emergenza", aggiunge.

A inizio 2020 il Covid-19 sembra essere solamente una minaccia lontana, poi il 30 gennaio viene attestata la presenza del coronavirus in una coppia di cinesi in vacanza nel Belpaese, ricoverati allo Spallanzani di Roma. In seguito, il consiglio dei ministri dichiara ufficialmente lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili. Il governo – di comune accordo con il ministero della Sanità – stanzia 5 milioni di euro, chiude il traffico aereo con la Cina e il premier, nel farlo, predica la calma: "Siamo il primo paese dell'Unione europea che adotta una misura cautelativa di questo genere. Assicuro che non c'è alcun motivo di creare panico e allarme sociale".

Tutto sembra essere nei ranghi, finché nella notte tra il 20 ed il 21 febbraio, a Codogno, un uomo di 38 anni viene ricoverato per problemi respiratori: è positivo al Covid-19. Dopo tutti gli accertamenti del caso. il 38enne risulta essere il primo contagio avvenuto in Italia. Da questo momento in poi il virus si espande a macchia d'olio nella provincia di Lodi, in Lombardia, in Veneto, in Emilia-Romagna e via-via in tutte le regioni dello Stivale.

L'overdose televisiva

Tutto accade tra dichiarazioni e provvedimenti contraddittori del governo e dello stesso premier. Che domenica 23 febbraio compare la bellezza di sedici volte in televisione, con l'effetto di spaventare, più che di rassicurare gli italiani sul coronavirus. Resosi (forse) conto di avere esagerato, nei giorni seguenti il sedicente avvocato del popolo cerca di sdrammatizzare, con l'effetto però di creare più confusione e di rimbalzo più panico nella popolazione. Sì, perché se il messaggio di chi ci dovrebbe guidare non è chiaro (eufemismo), la gente si sente sola, abbandonata, disperata e quasi autorizzata a dare di matto, prendendo d'assalto – giusto per fare un esempio – le farmacie per avere le mascherine (utili o inutili? Non lo abbiamo ancora capito bene...) e i supermercati per fare scorta-razzia di cibo.

Le accuse all'ospedale di Codogno

In piena emergenza, arrivano e stonano le parole del presidente del Consiglio contro l'ospedale di Codogno: "Abbiamo due focolai del virus (Codogno in provincia di Lodi e Vo' Euganeo in quella di Padova, ndr) uno dei quali è nato complice un ospedale che non ha osservato determinati protocolli favorendo la nascita di uno dei due focolai che cerchiamo di contenere con misure draconiane". Il sedicente avvocato del popolo parla così di una falla, accusando il nosocomio di aver sottovalutato i sintomi del cosiddetto "Paziente 1". Un'uscita che ottiene in risposta la reazione stizzita dei diretti interessati – che sbugiardano Conte – e la dura replica congiunta di Giulio Gallera e Attilio Fontana. L'assesore al Welfare di regione Lombardia parla di "attacco ignobile", mentre il governatore – che ora vuole "denunciare" governo e premier – lo etichetta come "irricevibile e offensivo". A tal proposito, questa l'analisi di Tatafiore: "Conte ha sbagliato ad attaccare la regione e l'ospedale di Codogno, i cui medici e infermieri stanno combattendo in prima linea. Ed è apparsa anche come un'operazione di scarica-barile. È stato un autogol pazzesco".

Il ruolo delle regioni

E se nessuno o quasi è riuscito a dare una comunicazione corretta che chi invece non ha sbagliato; secondo il giornalista di Italia in Movimento, infatti, "la Lombardia, attraverso la rassicurante prossemica di Giulio Gallera ha dato informazioni precise e puntuali". Così come è stato bravo e “fortunato” anche il Veneto di Luca Zaia: "Sono riusciti a circoscrivere il coronavirus, anche perché c'è stata un’ottima e immediata risposta della politica locale, oltre che della cittadinanza. Poi le eccezioni e i furbetti ci sono ovunque, sempre. Però quello del Veneto è un caso positivo da raccontare al Paese per dare speranza, altrimenti c'è il rischio depressione. L’Italia ha bisogno, soprattutto in questo momento, di messaggi positivi di speranza".

Messaggi positivi e di speranza che però, sempre secondo l'esperto di comunicazione, non devono essere come quello di #MilanoNonSiFerma: "Si tratta di un'iniziativa giusta dal punto di vista della comunicazione, che poteva anche funzionare, ma che ha un problema di fondo: nasceva, infatti, da una ben precisa categoria, quella dei ristoratori. Ma questo tipo di virus non si basa sugli interessi (legittimi) di una categoria. Il Comune di Milano di Giuseppe Sala inizialmente l'ha cavalcata e cavalcandola l'ha avallata ed è venuta meno al ruolo di guida che la politica deve-dovrebbe avere a favore di tutti i cittadini". E invece Milano si deve farmare, eccome. Ecco perché, prosegue Tatafiore, è meglio un messaggio come quello di un altro sindaco, quello di Bergamo: "Giorgio Gori ha detto che bisogna fare come a Ferragosto, quando si chiude tutto. Questo sì che è un messaggio calzante e importante dal punto di vista della comunicazione in questa emergenza coronavirus". E oltre al primo cittadino di Bergamo, il comunicatore plaude al presidente della Campania Vincenzo De Luca: "È un bell'esempio per il Sud. Il governatore aggiorna in modo chiaro, secco e con pacatezza: la sua comunicazione non è urlata e non è caotica. E fa un gran bel servizio per i campani".

La fuga di notizia sul decreto legge

Attilio Fontana, dopo aver litigato in collegamento con Conte durante riunione per le accuse alla Sanità lombarda ha reso noto di essere andato "a presentare un esposto alla Procura perché mi sono rotto le scatole". Di che cosa? Presto detto: per la fuga di notizie dovuta alla pubblicazione a mezzo stampo della pasticciata bozza del decreto del presidente del Consiglio sulle nuove e più stringenti limitazioni per l'emergenza Coronavirus, prima che il provvedimento venisse approvato. Una diffusione anzitempo – per colpa di chi? – che ha provocato il caos e l'isteria generale, con centinaia di persone in fuga sera alla stazione di Milano. E questo è un'altra, l'ennesima ed enorme – forse il più grande – topica ore di comunicazione dell'esecutivo giallorosso. "Il governo ha fatto un errore dopo l'altro e così si è arrivati al testo pasticciato del decreto passato alla stampa: la colpa originaria è di averlo dato ai media e poi anche i giornali hanno sbagliato a pubblicarlo", sostiene l'esperto di comunicazione.

Sanità, Rai e Ue

In tutto questo ha sbagliato anche il ministero della Sanità, che appena qualche settimana fa dichiarava: "L'Italia è un grande Paese, con il più alto livello di salvaguardia e sorveglianza sul coronavirus". Ecco, anche sull'operato del dicastero di Roberto Speranza, Tatafiore ha qualche appunto: "Solo nelle ultime ore si sono resi conto e hanno corretto il rito, con un'azione finalmente coordinata. Il ministero ha 'ingaggiato' con una telefonata tutta una serie di personaggi noti per rilanciare l'hashtag #iorestoacasa".

Dunque, Tatatiore aggiunge un aspetto importante: "Oltre a questa lodevole iniziativa, ci tengo a dire che deve essere molto importante anche un'efficace comunicazione regionale. Consiglio di puntarci, perché al Sud non hanno bene la percezione del rischio coronavirus che si corre. E che loro stessi sono potenziali untori nei confronti di soggetti deboli, come genitori over 65 e nonni. Inoltre, aggiungo anche un'altra cosa: il messaggio dovrebbe essere customizzato per fasce d'età: gli anziani dovevano/devono essere informati che era/è rischioso andare in giro e i giovani che erano e sono potenziali vettori della malattia".

Dalla comunicazione regionale a questa nazionale, con l'emittente pubblica che secondo il giornalista di Italia in Movimento ha latitato: "La Rai è mancata, non ha svolto molto il servizio pubblico. Perché non fa una campagna massiva e strutturata di pubblicità ad hoc sui propri canali? Oltre agli spot di Amadeus, serve altro, serve di più. La Rai non ha assolto in toto al suo compito di servizio pubblico, che in questi casi deve servire per far cambiare la mentalità e far percepire il rischio, facendo digerire il cambio di abitudini e di vita quotidiana per colpa del coronavirus".

E dalla comunicazione televisiva nazionale a quella politica continentale: "Poi, ecco, i ci sono gli errori fatti dall'Unione europea, che ha deciso di calendarizzare al 16 marzo la riunione per approvare il Mes. L'Ue in termini di comunicazione ha sbagliato in toto, cavalcando la sua burocrazia ottusa. L'Europa non è ancora servita a nulla, nessuno ha percepito il suo ruolo. Anche perché non c’è stato…".

L'ultimo decreto "Italia Protetta"

Tra un autogol e l'altro si arriva alla conferenza stampa di questo lunedì sera, in cui il presidente del Consiglio ha presentato il decreto che blinda l'Italia, statuendo che fino al 3 aprile ci si potrà muovere per il territorio solo per lavoro, salute o necessità ed emergenza. Ma, anche in realà in tutti questi altri casi.

Però anche in questo caso c'è qualcosa che non è quadrato nella comunicazione. La legge è stata tenuta segreta fino all'ultimo, memori del freschissimo errore, ma Luigi Di Maio ha voluto bruciare sul tempo Conte e il governo di cui fa parte, sostanzialmente preannunciandola di una manciata di minuti. "Questo – aggiunge Tatafiore – fa capire che non c'è unità. Inoltre il premier stesso ha spiegato il decreto omettendo tutta una serie di passaggi che ha innescato, per esempio a Roma e a Napoli una nuova corsa ai supermercati. Insomma, non sono state previste le criticità e i punti sui quali il popolo avrebbe potuto non capire. E infatti in tarda serata hanno dovuto metterci una pezza con un comunicato per spiegare tutti i dettagli e dire che si può andare a fare la spesa. Così come è possibile fare attività all'aria aperta rispettando ovviamente la distanza di sicurezza. Bastava poco, bastava un vademecum con le risposte alle domande più ricorrenti sulle restrizioni per il coronavirus; (solo) ora è arrivato, il governo di Conte ha pubblicato le FAQ, ma perché è arrivato con ritardo?".

Aaa commissario cercasi

È mancata e manca una voce unica capace di coordinare tutti e tutto. Come quella dopo il terremoto dell'Aquila di Guido Bertolaso, sotto il governo Berlusconi. Su quest'ultimo versante, Tatafiore sottolinea: "Le responsabilità comunicative sono condivise tra politica, scienza ed Europa. E, sì in Italia è mancato un coordinamento a livello apicale.

Oltre alla voce decisa di un premier forte, si è sentita anche l'assenza di un commissario straordinario, figura che per sua stessa essenza dà al Paese e alla popolazione l'idea della straordinarietà dell'evento, qual è appunto questo coronavirus".

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