«Armi, armi, armi». Solo una settimana fa lo slogan era un'esclusiva di Volodomyr Zelensky. Ora, invece, risuona anche tra le mura di quello Studio Ovale dove Joe Biden ha appena firmato la seconda fornitura di armamenti per 800 milioni di dollari in due settimane. Dietro la corsa al riarmo dell'Ucraina c'è la convinzione che nel Donbass si combatterà la madre di tutte le battaglie. Una battaglia capace di trasferire a Mosca la grande cassaforte mineraria e industriale dell'Ucraina e di trasformare in concreto assetto geopolitico l'annessione di una Crimea che, grazie al corridoio terrestre creatosi con la caduta di Mariupol, si congiungerà alla «madre patria» russa e ai territori separatisti di Luhansk e Donetsk. Ma la madre di tutte le battaglie potrebbe anche proseguire - come abbozzava ieri il generale Rustam Minnekayev, comandante di uno dei quattro distretti militari della Russia - con la conquista del porto di Odessa e la definitiva annessione della Transnistria, la regione secessionista della Moldavia che fin dal 2014 chiede di diventare parte della Russia. Uno scenario da incubo per la Casa Bianca visto che a quel punto Kiev si ritroverebbe senza industrie, senza risorse minerarie e senza sbocchi al mare.
Putin potrebbe, invece, rivendicare una vittoria garantita non solo dal controllo dei territori economicamente più importanti dell'Ucraina, ma persino dall'annessione d'un pezzettino d'Europa. Una vittoria capace di compensare, dal punto di vista del Cremlino non solo le perdite umane, ma anche il costo economico della guerra e quello delle sanzioni. Il tutto mentre la Nato dovrebbe riconoscere di non aver saputo garantire l'integrità territoriale dell'Ucraina. Anche per esorcizzare quell'epilogo il via libera del presidente Usa alle nuove forniture di armi viene accompagnato da un formale impegno. Putin, promette Biden «non riuscirà mai a dominare e occupare tutta l'Ucraina». Dichiarazioni solo apparentemente divergenti rispetto a quelle dell'alleato Boris Johnson pronto a mettere in guardia dai rischi di una «guerra lunga» (e a questo proposito, ieri il ministro degli esteri russo Lavrov avvertiva che i negoziati con Kiev sono fermi) capace di protrarsi fino al 2023. Una guerra che, stando al premier inglese, la Russia può ancora vincere in forza di una superiorità militare netta e malgrado «gli errori» iniziali. Le dichiarazioni, apparentemente contrastanti, hanno, in verità, un unico e comune obbiettivo. Puntano a far comprendere agli alleati europei meno «affidabili» (Francia e Germania in testa) che Washington e Londra considerano inaccettabile la visione di chi, pur di fermare la guerra, è pronto a regalare a Mosca una vittoria seguita da un'annessione dei territori ucraini. Una visione diametralmente opposto a quella di Washington.
Lì i vertici militari premono sulla Casa Bianca insistendo sull'importanza strategica delle prossime quattro settimane di guerra, decisive - come raccontano alcuni alti dirigenti al New York Times - «per l'esito del conflitto per la definizione della mappa dell'Europa per i prossimi decenni», e sull'urgenza di fornire all'Ucraina armamenti sempre più potenti e sofisticate. Armi per trasformare l'offensiva russa in un calvario e inchiodare Vladimir Putin a una disfatta capace di minarne autorità e consensi. Proprio per questo il segretario alla difesa Usa Lloyd J. Austin ha invitato i vertici militari alleati a una riunione convocata per martedì 26 aprile nella base aerea americana di Ramstein in Germania. Una riunione nella quale emergeranno le differenze tra chi punta a chiudere la guerra il primo possibile e chi, come Washington e Londra, è pronto ad affrontare un conflitto di lunga durata pur di mettere in ginocchio la Russia di Putin. Una visione che Joe Biden sembra ormai perseguire con totale convinzione. «Quando sono stato eletto Putin pensava di poter distruggere facilmente la Nato e invece sta ottenendo proprio quello che non voleva», ha dichiarato facendo notare come la guerra in Ucraina stia spingendo Finlandia e Svezia ad unirsi all'Alleanza Atlantica.
Ma il presidente spara a zero anche contro il presidente cinese Xi Jinping accusato di sostenere la Russia di Vladimir Putin. «Siamo nel mezzo di una battaglia tra democrazie e autocrazie: E in Xi Jinping - dice Biden - non c'è un briciolo di democrazia».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.