Nella chiamata a raccolta della sinistra contro il «pericolo fascista» dopo i fatti di Firenze al Liceo Michelangiolo, la lettera della preside e la risposta del ministro dell'Istruzione Valditara, non potevano mancare i sindacati che hanno annunciato una manifestazione il 4 marzo nel capoluogo toscano.
La proposta è arrivata dalle Rsu (Rappresentanze Sindacali Unitarie) delle scuole di Firenze per «una grande manifestazione a difesa di scuola e Costituzione» ed è stata accolta da Cgil, Cisl e Uil coinvolgendo «tutte le realtà democratiche e antifasciste». L'iniziativa nasce «a seguito dell'aggressione davanti al liceo Michelangiolo e delle inaccettabili parole del ministro Valditara sulla lettera della dirigente scolastica del liceo Leonardo Da Vinci» e si connota con un chiaro intento politico: «Esprimendo la nostra grande preoccupazione per i fatti avvenuti recentemente: prima l'aggressione di matrice neofascista agli studenti del Liceo Michelangiolo di Firenze, che ricordano i momenti più bui della nostra storia recente; poi le inaccettabili parole del ministro Valditara, il quale, invece di condannare la violenza squadrista, si è scagliato contro la dirigente, attaccandola per aver invitato la propria comunità scolastica a vigilare contro il ritorno di ideologie violente e totalitarie, attaccando così di fatto la stessa libertà di pensiero e di espressione».
Se la manifestazione di Firenze a marzo sarà solo l'ultima in ordine di tempo, dal 22 ottobre (giorno dell'insediamento del governo Meloni) a oggi, tra scioperi e proteste, i sindacati hanno passato quasi più tempo in piazza che ad avanzare idee e proposte per i lavoratori. In realtà, già prima dell'insediamento del governo, l'8 ottobre la Cgil, a un anno dall'attacco alla sua sede, aveva organizzato una grande manifestazione intitolata «Italia, Europa, ascoltate il lavoro» chiedendo «all'Italia e all'Europa di rimettere al centro i temi del lavoro e della giustizia sociale» e rivolgendo al nuovo governo dieci proposte.
Nonostante in quell'occasione il segretario della Cgil Maurizio Landini avesse detto «non abbiamo alcuna pregiudiziale verso nessuno, noi giudichiamo in base a quello che viene fatto», riferendosi all'esecutivo Meloni in via di formazione, dopo soli due mesi Cgil e Uil hanno indetto una settimana di scioperi generali contro la manovra culminati venerdì 16 dicembre. Dal trasporto pubblico alla scuola, dagli uffici alle università, tutti in piazza per protestare contro il governo che «sdogana una manovra che colpirà, paradossalmente, le persone più povere, aumentando le disuguaglianze e l'ingiustizia sociale, mortificherà il lavoro stabile e pubblico, aprendo le porte a una maggiore precarietà e alle privatizzazioni e che, lungi dal contrastare l'iniquità fiscale, finirà con il premiare gli evasori. Di fronte a questo scempio dei diritti e a questa reiterata offesa della dignità delle persone, la risposta del sindacato è lo sciopero generale».
La scorsa settimana, venerdì 17 febbraio, è andato in scena lo sciopero nazionale del trasporto pubblico locale, tra le motivazioni che hanno spinto i lavoratori dell'Atac (l'azienda del trasporto di Roma) a incrociare le braccia, anche la guerra in Ucraina e le spese militari. Il giorno successivo a Bari la Cgil è scesa in piazza in una manifestazione per dire no all'autonomia differenziata delle Regioni dopo l'approvazione in Consiglio dei ministri.
Il governo di centrodestra è
in carica da pochi mesi ma ogni occasione diventa un motivo per i sindacati per protestare, scioperare o manifestare. Più che tutelare i lavoratori, sembrano animati da finalità politiche, non sarebbe la prima che accade.
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