«Dai, diciamo che è andato tutto bene e sono molto soddisfatto». Appena atterrato a Ciampino, verso le 20 di ieri, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi non trattiene un sorriso. È reduce dal suo primo G7 all'estero, svoltosi a Wiesbaden, in Assia. L'arrivo nella serata di mercoledì, poi una giornata di incontri bilaterali con i responsabili degli affari interni di Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti, oltre a un confronto diretto con il commissario Ue Johansson. Oggi è impegnato a Napoli, sua città d'origine. In questa intervista al Giornale, fa il punto sull'offensiva che il governo Meloni ha lanciato contro l'assalto alle coste italiane, un'ondata di sbarchi che hanno creato tensioni anche con i partner internazionali. E descrive lo stato d'animo di un civil servant che all'improvviso si ritrova sotto il fuoco dell'opposizione.
Ministro Piantedosi, la linea dura del governo sul contrasto all'immigrazione clandestina sta infiammando il dibattito politico. Che cosa deve accadere, a questo punto, per farvi cambiare idea?
«Perché dovremmo cambiare idea? È evidente che la situazione attuale non è più a lungo sostenibile per il nostro Paese. Quest'anno sono già oltre 93.000 gli sbarchi di migranti sulle coste italiane, circa il 60% in più rispetto allo stesso periodo del 2021. L'immigrazione illegale va fermata: fa arricchire i trafficanti di esseri umani, toglie dignità ai migranti e li espone al rischio di naufragio, genera un forte sentimento di insicurezza, alimenta fenomeni di criminalità, di marginalizzazione e di degrado urbano. Il governo andrà avanti lungo la strada già intrapresa sulla base di un programma premiato dagli elettori. Le nostre proposte sono chiare: più forte coinvolgimento dell'Ue, accordi con i Paesi di origine e transito dei migranti, rafforzamento dei canali di ingresso regolari anche valorizzando ulteriormente l'esperienza dei corridoi umanitari».
Gli sbarchi sono diventati il primo banco di prova del governo sul fronte interno. Vede disperati che cercano un futuro nel nostro Paese o una manovra internazionale del mondo solidaristico per mettere in difficoltà il premier Meloni?
«Per carità: lasciamo perdere i complotti. L'immigrazione è un fenomeno epocale legato al contesto internazionale e alle gravissime condizioni economiche e sociali in cui versano tante popolazioni. Per questo ho fatto in Parlamento riferimento ad un piano Mattei per l'Africa sollecitato dal presidente Meloni come strumento di sviluppo economico e sociale necessario a dare concretezza al diritto di ogni individuo di scegliere liberamente di continuare a vivere dove è nato e quindi di non essere costretto a lasciare la propria terra. Ho anche detto che occorre che i flussi migratori siano comunque governati dagli Stati e che il loro peso non possa ricadere esclusivamente sui Paesi di primo ingresso tenuto anche conto che il sistema dei ricollocamenti ad oggi non ha sinora prodotto i risultati sperati».
Il braccio di ferro con la Francia ha lasciato strascichi nei rapporti tra i due Paesi? Quali temi dividono ancora Roma e Parigi?
«Con la Francia condividiamo da sempre valori e visioni. e sarà sempre così. Come ho avuto modo di chiarire anche nella mia informativa in Parlamento, non si è trattato di un braccio di ferro con la Francia con cui abbiamo solidi rapporti e forti interessi comuni. Il governo italiano vuole soltanto arrivare ad una soluzione di sistema a livello europeo per bloccare le partenze e rafforzare gli ingressi regolari. Io credo che questo interessi tutti i partner europei: gestire insieme il fenomeno migratorio è una necessità e una opportunità per garantire sicurezza e sviluppo economico e sociale dei nostri Paesi».
A livello europeo qualcosa sembra muoversi sulla necessità di sostenere l'Italia nell'assalto alle nostre coste. Sono le solite parole smentite puntualmente dai fatti?
«È interesse di tutti superare l'attuale situazione. Vedo tanti segnali positivi. Ieri, In Germania, al vertice del G7 dei ministri dell'Interno, ho incontrato la mia omologa tedesca Faeser con la quale abbiamo condiviso la necessità di una forte iniziativa Ue sul tema migratorio che passi per accordi con i Paesi terzi. Analoga convergenza di obiettivi l'ho riscontrata nel bilaterale con la commissaria europea Johansson. Mi aspetto passi importanti già nei prossimi vertici europei».
Le leggi italiane sono sufficienti per affrontare il traffico organizzato dagli scafisti o mancano sanzioni specifiche? A che punto è il pacchetto che sta studiando il Viminale?
«Come è stato già detto, sono allo studio nuove misure con gli obiettivi, da un lato, di contrastare i flussi illegali e difendere i nostri confini, che sono anche dell'Ue, dall'altro, di agire sulla leva degli ingressi regolari anche premiando quei Paesi disponibili a fermare le partenze irregolari. Per quanto concerne la lotta agli scafisti, le forze di polizia, che ringrazio ancora una volta, sono impegnate quotidianamente contro le organizzazioni dedite al traffico di esseri umani. Quest'anno sono già stati arrestati 349 scafisti e ieri proprio la Polizia di Stato ha condotto una importantissima operazione contro un articolato sodalizio criminale dedito al favoreggiamento della immigrazione illegale dalla Tunisia alla Sicilia».
Ministro, il suo ruolo l'ha trasformato nel bersaglio preferito dall'opposizione in questo momento. La chiamano «prefetto» con intento spregiativo, la accusano di essere manovrato da Salvini. Si sente attrezzato, da tecnico non parlamentare, ad affrontare la polemica politica ai massimi livelli?
«Il prefetto è un servitore dello Stato e io mi onoro di far parte di questa categoria. Le polemiche, le strumentalizzazioni mi scivolano addosso poiché pretestuose e prive di fondamento. Quasi sempre provengono da persone superficiali, disinformate e che non approfondiscono gli argomenti. Basti pensare che quando vissi l'esperienza di capo di gabinetto di Salvini dicevano che il vero ministro fossi io. Sono gli stessi che adesso che sono io il ministro sostengono che sarei condizionato da lui. Ne converrà: sono illazioni alquanto bizzarre. Siamo disponibili a recepire ogni contributo costruttivo anche se proveniente dall'opposizione ma non possiamo permetterci di farci rallentare da sterili ostruzionismi».
Nel 2018-201, ha appena ricordato, lei fu capo di gabinetto dell'allora ministro dell'Interno Salvini. Proprio in quella stagione il leader leghista fu mandato ripetutamente a processo per le decisioni prese come titolare del Viminale sugli sbarchi. Non teme, a sua volta, di incappare in guai giudiziari?
«La magistratura fa il suo lavoro. E io ne rispetto l'autonomia e le decisioni. Sono certo che Matteo Salvini dimostrerà al più presto l'assoluta correttezza del suo operato»
Si sa poco di lei: la sua vita privata, le sue passioni. Ci sorprenda, ministro Piantedosi.
«Ho dedicato tutta la mia vita agli affetti familiari, agli studi ed al lavoro al servizio delle istituzioni. Sono un appassionato di bicicletta.
Amo passeggiare con il mio cane Chuck, soprattutto quando riesco a farlo tra i boschi della mia amatissima Irpinia. Non la definirei una vita sorprendente ma semplicemente sinora fortunata. Perché era quella che desideravo realizzare grazie ai valori che mi hanno trasmesso i miei genitori».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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