"Ma così si torna all'Inquisizione"

Il contenuto della lettera di Bettino Craxi ad Antonio Di Pietro

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Illustre dottor Di Pietro,
sono certo ch'ella conserva un chiaro ricordo del nostro primo incontro che si svolse a Roma nell'ufficio dell'avvocato Nicolò Amato, in quella occasione ella ebbe modo di parlarmi della sua esperienza di un anno, del modo diverso con cui era giunto, dopo questa esperienza, a vedere tante cose ed anche degli errori e degli eccessi che si erano verificati nel corso dell'azione giudiziaria.

Mi disse che per tutto questo si sentiva cambiato e che avvertiva la necessità di soluzioni equilibrate e di un modo di procedere più equilibrato. A questo proposito feci anch'io delle osservazioni su condizioni, casi e persone che sono certo lei ricorda perfettamente: purtroppo dopo d'allora abbiamo ancora continuato ad assistere, in più casi, all'uso di forme violente e traumatiche, di interpretazioni forzate della legge, di un rigore estremo che tra l'altro viene fatto valere per taluni casi e non per altri. In particolare, per quanto riguarda la materia degli eccessi di cui si era parlato e che si sono ripetuti, vorrei riferirmi ora ed in primo luogo, al mancato rispetto del divieto che la legge fa espressamente, di impiego di metodi o tecniche idonee ad influire sulla capacità di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti e quindi della fondamentale e civilissima norma in forza della quale si può ricorrere al carcere solo come «extrema ratio».

Ho sentito a più riprese giustificare il mancato rispetto delle norme di legge con la chiamata in causa della superiorità di una non meglio identificata «volontà popolare» ma di certo in nessuna civiltà giuridica evoluta tale «volontà» potrebbe sostituirsi alle regole della legge, e la legge non consente che possa essere utilizzata la custodia cautelare in carcere o la minaccia della custodia cautelare in carcere, al fine di ottenere confessioni o chiamate di correo, tutto il contrario di quello che in molti casi è avvenuto ed avviene. Questo è un modo di procedere attraverso il quale si è tornati ad una forma, neppure larvata, di inquisizione, quando l'inquirente fa capire all'indagato che egli dovrà subire la custodia cautelare in carcere qualora non decida di collaborare, l'indagato è posto di forza fuori della protezione della legge e nei suoi confronti viene messa in atto una nuova forma di tortura che si avvale della coartazione psicologica che limitandone la libertà di scelta, assume i contorni propri di quella violenza morale che è espressamente vietata dalla costituzione repubblicana, il ripetersi di queste deviazioni viene percepito ormai dalla comunità internazionale che avverte ed in modo sempre più diffuso ed autorevole, il rischio di un disfacimento nel nostro paese di uno stato di diritto fondato sullo scrupoloso rispetto degli ordinamenti, è uno stato di cose che viene ormai sempre più avvertito anche da tutti i magistrati che intendono agire e mantenersi rigidamente nell'ambito della legge.

Ritorno così alle parole che ci siamo scambiati durante l'avvio del nostro primo incontro.

Penso che fossero il frutto di una riflessione approfondita e consapevole e non una semplice espressione formale e di convenienza, penso all'opportunità di ritornare sull'essenza salutare e importante di quella riflessione.

Le sono grato per l'attenzione e le invio un cordiale saluto.

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