Chiamatelo come volete. Degrado. Abbandono. Insicurezza. Anche razzismo, se pensate sia questo il problema. Girando le periferie delle grandi città italiane si respira un po' di tutto questo. Si respira il disagio di chi abita nei grandi quartieri dormitorio, che diventano facilmente sinonimo di luoghi dove vivere tranquilli è praticamente impossibile. Si respira il disgusto per quelle zone lasciate in mano ai rom e trasformate in vere e proprie discariche a cielo aperto. Si respira la preoccupazione per lo spaccio nei parchi, zone franche dove pusher e consumatori fanno incrociare le curve della domanda e dell'offerta di droga.
Ecco. A Torino, Milano, Bologna, Firenze e Roma abbiamo inalato a pieni polmoni tutto ciò. Comprendendo - se mai ve ne fosse stato bisogno - che dove le amministrazioni si dimostrano accoglienti-a-tutti-i-costi a rimetterci sono i cittadini. Che non escono più tranquilli la sera per andare al bar e che devono trincerare i negozi dietro robuste sbarre per difendersi dai furti. Prigionieri nei loro quartieri.
Bologna
Il capoluogo emiliano è forse la regina d'Italia dell'accoglienza a tutti i costi. Quello che si può trovare poco fuori le storiche mura ha dell'incredibile. Di campi rom - autorizzati e non - Bologna è piena. Siamo andati alla rierca di quelli meno noti, di quelli lontani dal boato dei media trascinati dalla presenza di Salvini, ma che disturbano allo stesso modo il quieto vivere degli italiani. All'ex consorsio agrario di via Mattei vivono all'incirca 40 rom. Quando proviamo ad entrare nell'area che è (sarebbe) posta sotto sequestro giudiziario, veniamo accolti da un gruppo di nomadi intento a spostare fatiscenti mobili all'interno dell'enorme stabile abbandonato. Nei mesi scorsi, a causa dell'incuria, è scoppiato un incendio che ha mandato in fumo (tossico) tutti i rifiuti che i rom accumulano da anni ai lati dell'area sequestrata. All'interno, ci dicono i commercianti della zona che preferiscono rimanere anonimi, oltre alla ricettazione e al furto di rame, i rom sono dediti anche allo spaccio di droga. Per entrare basta passare dal cancello appositamente divelto: il cartello che indicherebbe il sequestro dell'area, infatti, è stato prontamente strappato dai nomadi. (Guarda il video)
Ma non c'è solo questo. Ci dirigiamo sul lungoreno: nel quartiere di Borgo Panigale, i commercianti lamentano la presenza di rom che bivaccano davanti e nei dintorni delle attività commerciali, rendendo praticamente impossibile invitare i clienti ad entrare in negozio. "Noi ogni mattina cerchiamo di superare la crisi - ci dice Giuseppe, che ha un negozio di abiti sulla via Emilia - e invece i clienti non entrano per colpa di questi nomadi che mettono paura". "La colpa è del sindaco Merola - rincara la dose Marco Lisei, consigliere comunale di Fi -: è connivente con le situazioni di illegalità in città che ha sempre politicamente sostenuto".
Infine, il quartiere Bolognina: al mercato di via Albani si radunano i nordafricani che gestiscono lo spaccio di droga della città emiliana. "Non ne possiamo più - ci confida la parrucchiera della zona - sono anni che chiediamo di risolvere la situazione e non vediamo ancora risultati. Qui siamo tutti intimoriti". Per provare se le denunce dei residenti sono vere o ingigantite da quello che in molti chiamano razzismo, ci avviciniamo ad un africano che ci guarda con molto interesse. Gli chiediamo se ha qualcosa da venderci e lui non manca di invitarci ad andare in un luogo più appartato per venderci la droga. Sono le 4 del pomeriggio.
Firenze
Quella che ha lasciato Renzi non è certo la Firenze splendente che viene disegnata. Per mesi la città toscana è stata al centro delle cronache nazionali per via delle immagini di turisti, rom e immigrati che ne deturpano le bellezze urinando e defecando in libertà in primo giorno. Ma se si mette il naso fuori dallo splendore architettonico di Firenze, ci si cala in una realtà ancora più assurda. Nell'indifferenza della giunta del sindaco Nardella, il centro dello spaccio fiorentino si è insediato in uno stabile abbandonato nel quartiere "le Piagge". L'immobile è di proprietà di una cooperativa (rossa) e sarebbe dovuto diventare un condominio per alloggi popolari. Ma ne è rimasto solo lo scheletro. Al sindaco, evidentemente, non importa che quest'area sia a due passi da una scuola media e da tre palazzi residenziali pieni zeppi di bambini. Entrando dall'ingresso divelto dagli stessi spacciatori, troviamo rifiuti, carcasse di bibiclette rubate e una quantità incalcolabile di "posti letto": qui si vive e si porta avanti l'attività di spaccio. Benvenuti a Firenze, la città in cui è possibile che alle tre del pomeriggio, mentre stiamo per conlcudere il sopralluogo, quattro pusher si presentino di fronte a noi. Ci guardano come se avessimo violato il loro territorio. Il quartiere, di fatto, è ormai in mano loro. (Guarda il video)
Ma non è tutto: perché oltre ai fiumi di droga, la stessa area deve subire anche la presenza di un campo rom. "Ci sentiamo abbandonati - dice Fabio Anselmo, abitante della zona e militante di Forza Nuova - per ridurre il degrado si siamo dovuti rimboccare le maniche e chiudere personalmente una delle 'porte' d'ingresso all'area dello spaccio. Una volta si stavano ammazzando come cani tra magrebini, abbiamo sentito le urla: è una cosa allucinante. Questa è tutta roba di Renzi: è lui ad averla prodotta".
Milano
Nella città meneghina basta scegliere. Per raccontare il degrado nelle periferie basterebbe pescare da un calderone il nome di quella che si vuole andare a visitare. Abbiamo scelto Grattosoglio e Rogoredo perché nei giorni scorsi sono stati il palcoscenico delle proteste dei residenti scesi in piazza per urlare la loro rabbia. Centinaia di persone a Rogoredo hanno aderito alla manifestazione per protestare contro il parchetto dello spaccio, una sorta di zona franca dove immigrati e clandestini si dedicano allo vendita di droga di bassa qualità. "Sembra essere tornati alla Milano degli anni '80 - ci confessa Daniel Biavaschi che quelle manifestazioni dei cittadini le ha guidate - è tornata la droga a basso prezzo che miete vittime e rende invivibili queste zone. I drogati sono disposti a tutto pur di comprare una dose ed aggrediscono anziane signore anche solo per rubargli un pezzo di pane". Sperare di arrivare fino al centro del parco (dove è diretta la totalità dei tossicodipendendi che insieme a noi si sono addentrati nell'area) è impensabile. Per un motivo semplice: non appena superiamo il "confine", due sentinelle fuggono ad avvertire chi di dovere della presenza di due persone 'estranee'. Un controllo del territorio che dimostra - drammaticamente - come sia assente lo Stato nella difesa della sicurezza dei suoi cittadini. "Erano due ragazzi con una videocamera - dice di noi al telefono una delle sentinelle - continuo a cercarle". (Guarda il video)
Grattosoglio non è poi un quartiere diverso. Trasformatosi in una sorta di immenso dormitorio, vive male il rapporto con i rom della zona e gli immigrati che in questi giorni sono sbarcati in Italia. I nomadi si lavano alla fontana, i profughi occupano i parchetti dove è ormai impossibile portare i bambini a giocare. Le ragazze la sera devono essere 'scortate' dagli uomini se non vogliono essere pedinate fin sotto casa con il rischio di essere molestate. "Mi hanno seguito per un lungo tratto - ci racconta Benedetta - poi ho fatto finta di parlare al telefono e hanno desistito. Ma io non mi sento più sicura". La pietra dello scandalo è la "casa gialla": lo stabile gestito da un frate francescano ospita i senzatetto milanesi, ma da qualche mese il religioso non si è fatto sfuggire la possibilità di ottenere i 37 euro giornalieri che spettano a chi accoglie i profughi. "La casa gialla deve essere chiusa - urlano in coro gli abitanti - perché è diventato impossibile uscire sicuri di casa: non si può mai sapere chi incontri".
Roma
"Roma è la capitale del degrado", afferma convinto Alessio Costantini che ci accompagna in questo particolare tour. Il Pigneto, si sa, in questi giorni è famosa per via dell'aggressione alla polizia che cercava di arrestare due pusher. Ma sono le periferie ad essere la vera pietra dello scandalo. Lì l'amministrazione cittadina e il sindaco Ignazio Marino non hanno alcun controllo. Percorrendo in auto via Borghesiana, si possono vedere dispersi gli accampamenti di fortuna di nomadi e immigrati che bivaccano indisturbati. Ma questa è solo la punta di un iceberg che si nasconde (e nemmeno molto) nel campo rom di via Salone. L'area è autorizzata, ma all'interno vivono - nel totale abbandono e nel disprezzo delle norme igieniche - più di 5 volte il numero di persone consentite. Troppe. E troppi sono i riufiuti accumulati, come eccessivamente strazianti sono le immagini dei bambini che corrono tra lamiere abbandonate e giocano a smontare la carcassa di chissà quale elettrodomestico. (Guarda il video)
All'ingresso del campo, Marino ha stabilito il presidio fisso di una pattuglia della municipale. Le competenze dei due vigili sono praticamente nulle, se non quella di firmare qualche multa a chi si presenta con un mezzo senza assicurazione. Roba da codice della strada insomma, che non può aver nulla a che fare con i delinquenti agli arresti domiciliari che vivono all'interno del campo, con le armi che circolano e le attività di spaccio e ricettazione. "Qui dovrebbe venire l'esercito - ci dice in anonimato un agente - noi non possiamo fare nulla e non sarebbe nemmeno la mansione per la quale veniamo pagati". Il campo di via Salone è famoso per via del ritrovamento di due bambini tra le feci durante un blitz della polizia: camminando tra i rifiuti non viene difficile immaginare che sia successo. E soprende (ma forse nemmeno più) veder svicolare tra un capertone bruciato e l'altro una Jaguar di colore verde che a tutti potrebbe appartenere tranne che a nullatenenti. "Qui la maggioranza dei rom dichiara di non avere un soldo bucato - conclude il vigile - ma ci sono conti per milioni. Il problema è che la situazione non intendono risolverla davvero".
Non molto distante, poi, arriviamo a Tor Bella Monaca, cuore pulsante dello spaccio romano: il luogo che tra gang di pusher e traffico di droghe si è meritata il titolo di "Gomorra della Capitale". Non ci sono storie eclatanti da raccontare, ma la vita quotidiana di un quartiere che non è più "normale", e che registra l'abbandono di un Comune incapace di riqualificare le sue periferie. Attento, invece, alla pedonalizzazione dei fori imperiali.
Torino
"Hanno comunicato che ci manderanno via a settembre, ma non so se succederà mai". Sono queste parole di una rom abitante di uno dei campi sorti come funghi alla porte di Torino. Parole che meglio di tante altre raccontano il modo di agire delle amministrazoni che non hanno nessuna intenzione di cacciarli. Anzi. Gli sgomberi vengono utilizzati a fini elettorali: con un blitz si fa vedere di aver risolto la questione, mentre di fatto si è solo spostato il problema in un altro posto. Lo conferma la storia della rom di origine rumena che ci fa visitare la sua casa: da 14 anni gira le periferie di Torino costruendo baracche. Quattordici anni in cui il suo clan non fa che accumulare immondizia nei parchi torinesi. (Guarda il video)
La città, insieme alla Sindone, ospita anche tre campi nomadi riconosciuti e chissà quanti abusivi. In effetti basta guaradare bene all'interno delle ampie zone verdi alle porte della città per scovare le baracche dei nomadi e i loro rifiuti. "Intorno al campo detto 'la discarica' di via Germaniano - ci dice Giuseppe Catizone, rappresentante per il centrodestra nella circoscrizione 6 - tutti i commercianti hanno subito un furto da parte dei rom. I nomadi godono della totale impunità: la gente ha paura ed è stata costretta a mettere le sbarre alle vetrine. Anche i carabinieri del quartiere si sono trincerati". Mentre passiamo rapidamente con l'auto di fronte all'ingresso dell'area "proprietà" dei rom, un gruppo di nomadi ci grida contro affibbiandoci l'appellativo di "bastardi" per il solo fatto di avere una videocamera accesa.
A pochi passi dal campo, un imprenditore cinese aveva provato ad aprire un ristorante etnico.
Una sfida praticamente impossibile, persa a causa dei rom che bivaccavano di fronte all'ingresso del locale e che lo hanno costretto alla chiusura. Ora è uno stabile abbandonato, come tante altre zone della periferia di Torino.
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