Proclamava il 20 aprile dell'anno scorso il pubblico ministero romano Gennaro Varone su Youtube: «Questo decreto sulla Fase 2 è incostituzionale, va detto e ribadito con fermezza. Nessuna motivazione può consentire di limitare il diritto di vivere barattandolo con quello di sopravvivere». Eh sì: non nasce dal nulla il documento contro il green pass pubblicato sulla rivista ufficiale di Magistratura Democratica, la corrente dei giudici di sinistra, e reso noto ieri dal Giornale. Contro l'articolo del Giornale ieri si sollevano le proteste degli esponenti di Md e della direzione della sua rivista, Questione Giustizia. Ma basta una rapida ricerca in Internet per scoprire che le tesi sconcertanti esposte nel documento sono state precedute da prese di posizione identiche assunte pubblicamente da esponenti di Magistratura democratica. Pubblicando il testo in cui in sostanza si invitavano i giudici di tutta Italia a non applicare il decreto governativo sul certificato verde, Questione Giustizia non ha fatto altre che dare corda a posizioni che esistono dentro l'anima più radicale della corrente, e che denunciano come un agguato alla Costituzione buona parte dei provvedimenti varati in questi mesi per fronteggiare la pandemia.
Nella cultura di questa area di giudici, i provvedimenti anti-Covid vengono attaccati con gli stessi argomenti che si usavano quarant'anni fa da Md contro le leggi per combattere le Brigate Rosse: si evoca lo Stato di polizia, si denuncia l'attacco alle libertà costituzionali. Ora il direttore di Questione Giustizia, Nello Rossi, sostiene che il testo contro il green pass sia stato ospitato senza avallarlo, come un contributo al dibattito. In realtà, come si è visto, ospitando il testo firmato da alcuni costituzionalisti, la rivista delle «toghe rosse» ha dato voce a posizioni che esponenti di Md propugnano da tempo.
Non è un caso, infatti, che tra i più solerti nel divulgare nei giorni scorsi il testo «Sul dovere costituzionale e comunitario di non applicare il decreto sul green pass» sia stato l'esponente di Magistratura democratica Gennaro Varone, pm presso la Procura della Repubblica di Roma. È lo stesso Varone che già un anno fa, davanti ai primi provvedimenti per arginare la pandemia, era insorto pubblicamente: «Occorre fare sentire il proprio dissenso quando i provvedimenti violano i diritti delle persone umane: la libertà di circolazione, di espatriare e di rientrare in Italia... Vietare gli assembramenti non può impedire di incontrare conoscenti alla distanza che decidiamo e con le cautele che vogliamo. Son diritti inviolabili che non richiedono alcun permesso».
Dentro Magistratura democratica, insomma, ci sono magistrati che ritengono che i decreti che hanno permesso e permetteranno di fronteggiare la pandemia siano un vulnus inaccettabile alla Costituzione. È la linea che pervade l'intero documento da cui ora Questione Giustizia cerca in qualche modo di prendere le distanze, giustificandolo con il «fine di rispecchiare la pluralità di voci presenti nella società». Ma è chiaro, come fanno presente anche magistrati rimasti allibiti dalla pubblicazione del documento, che con questo principio si potrebbe dare spazio anche a tesi estreme, negazionisti compresi. E d'altronde anche il testo pubblicato si spinge su questi sentieri, quando afferma che non è provata l'efficacia del vaccino nella prevenzione dei contagi.
Su tutto, aleggia l'ipotesi del Grande Complotto: «Mentre si dice di voler tutelare la salute e con questo pretesto si vieta tutto - diceva su Youtube il pm Varone - nulla si fa per la medicina di base».Da qui all'appello alla disobbedienza lanciato dalle pagine di Questione Giustizia il passo è veramente breve.
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