"Cosa c'è dietro il ricorso? Io voglio una gara normale, magari faccio una cordata"

Sergio Cerruti, l'uomo che ha vinto la battaglia legale: "A sbagliare per me è stato il Comune"

"Cosa c'è dietro il ricorso? Io voglio una gara normale, magari faccio una cordata"
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Sergio Cerruti è l'uomo che sta terremotando il Festival. È lui che ha vinto il primo passo della battaglia legale che potrebbe portare la kermesse canora lontana dalla Rai. Un'ipotesi che ha della fantascienza, ma per ora supportata dalla sentenza del Tar della Liguria che ha dichiarato illegittimo l'affidamento diretto alla tv pubblica dell'organizzazione del Festival, che significa che se la Rai nel 2026 (quindi non per l'edizione di questo febbraio) perderà la gara d'appalto pubblica potrà fare un Festival della canzone ovunque, ma non con il marchio Sanremo. Cerruti si occupa degli affari legali della Afi di cui è stato presidente ed è managing director di JE, etichetta discografica indipendente.

Insomma, Cerruti, ma che senso avrebbe togliere Sanremo alla Rai?

«Io non sono contro la Rai. L'errore sta da parte del Comune di Sanremo che ha dato in appalto esclusivo la gara canora alla tv di Stato senza una regolare gara d'appalto come è stato riconosciuto dalla sentenza del Tar».

Lei, con la sua agenzia, ha presentato ricorso manifestando interesse ad acquisire i diritti. Ma come potrebbe mai sostenere costi, organizzazione, produzione di una macchina così grande?

«Se dovessi vincere la gara, potrei fare una cordata coinvolgendo altri soggetti nella produzione e altre televisioni. Potrebbero essere interessati gruppi come Warner Bros Discovery o altri. Non c'è scritto da nessuna parte che devo fare tutto da solo».

Quindi c'è qualcuno dietro di lei? Chi rappresenta?

«Io vorrei soltanto che le procedure fossero rispettate: amo il Festival ma deve essere ripensato. Da anni lavoro in questo ambiente e a Sanremo ne ho viste di tutti i colori: appalti irregolari, regolamenti che cambiano a seconda dei desideri dei conduttori, strane consuetudini, dati economici non pubblici e polemiche infinite: basta vedere quello che è successo l'anno scorso con la questione dei biglietti, del televoto e con le scarpe di John Travolta».

Ma le polemiche sono il sale del Festival...

«Secondo me da una gara d'appalto regolare (che potrebbe essere vinta anche da Rai) potrebbe discendere una situazione più normale e corretta, anche in tutti i rami che ne discendono, dalla pubblicità ai parcheggi, fino al giusto compenso per i cantanti in gara: con quello che ricevono non riescono neppure a coprire le spese di soggiorno a Sanremo. E soprattutto sul palco dovrebbero arrivare un numero maggiore di talenti indipendenti che non fanno parte della scuderie delle grandi major».

Quindi, in sostanza, anche i suoi assistiti.

«È una battaglia per tutti. Che conduco da molti anni. Ho più volte cercato di parlare con i dirigenti Rai, attuali e passati, ma sono stato respinto. Per questo, alla fine, ho deciso di ricorrere alle vie legali per smuovere qualcosa».

Ma la sua agenzia JE di cosa si occupa?

«Di consulenza artistica e organizzazione di eventi. Per esempio oggi siamo dal Papa per Il concerto con i poveri con i compositori Hans Zimmer e Mons. Marco Frisina. Altro esempio: ho aiutato Beppe Vessicchio a vincere la causa (in primo grado) sui diritti di utilizzo delle sue musiche».

Insomma, più che «Davide

contro Golia» come si è definito, lei pare un kamikaze

«Io voglio solo collaborare, con il Comune di Sanremo, con la Rai. Ma se non mi ascoltano sono disposto ad arrivare fino in Cassazione e alla Corte europea».

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