Il costo sociale è altissimo: rischiano il posto 120mila lavoratori

Confindustria contro il dirigismo europeo. Le elezioni 2024 sono l'ultima speranza

Il costo sociale è altissimo: rischiano il posto 120mila lavoratori

Sono due i voltagabbana anti-Italia in tema di future motorizzazioni dopo l'accordo, annunciato ieri, tra Ue e Germania sull'utilizzo dei soli carburanti sintetici parallelamente alle auto elettriche dal 2035. Il primo, e non è affatto una sorpresa, si chiama Frans Timmermans, olandese, vicepresidente esecutivo della Commissione Ue, che solo pochi giorni fa - con una retromarcia tattica - proprio da un tour in Italia aveva affermato che sarebbe toccato ai costruttori scegliere quali tecnologie applicare. Il secondo è il ministro dei Trasporti tedesco, Volker Wissing, che dopo aver ottenuto, grazie soprattutto all'Italia, la ridiscussione del piano Ue sulle alimentazioni per i veicoli, ha acconsentito con il suo governo all'introduzione dei soli e-fuels, sponsorizzati anche dall'ad di Volkswagen e Porsche, Oliver Blume, senza far rientrare nel piano anche i biocarburanti come da richiesta italiana.

E così l'Italia è rimasta con il cerino acceso. E anche se la prossima settimana voterà «no», insieme a Polonia, Bulgaria e Repubblica Ceca, questa minoranza di blocco, orfana dei tedeschi, non impedirà il varo del regolamento.

Di fatto, Palazzo Chigi sottolinea la palese violazione del principio della neutralità tecnologica, secondo cui tutte le soluzioni in grado di raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione devono essere prese in considerazione. Significa che una transizione green, come quella in atto, deve essere condotta favorendo il dialogo tra le istanze dei diversi Paesi Ue, senza chiusure pregiudiziali che, a questo punto, allontanano sempre più le istituzioni europee dalle esigenze reali di famiglie e imprese. Problema che pochi giorni fa era stato posto anche dal vicepresidente di Confindustria, Maurizio Marchesini: «A Bruxelles spetta il compito di fissare gli obiettivi, ma tocca ai singoli Paesi stabilire quali tecnologie mettere in campo per arrivare allo scopo». Insomma, ancora una volta in questa Ue si sta assistendo a una suddivisione tra chi deve sempre godere di un occhio di riguardo e chi, come l'Italia, il contrario. E non solo sul caso «automotive», come emerge dai fatti con sempre maggiore forza.

È vero, intanto, che nel 2026 è prevista (e occuparsene saranno la nuova Commissione e la nuova Eurocamera che usciranno dal voto del 2024) la valutazione dello stato delle infrastrutture di ricarica e del processo di decarbonizzazione, ma ciò che potrebbe accadere - secondo fonti di Bruxelles - riguarda un possibile allungamento dei termini sia della tappa intermedia al 2030 (-55% di CO2 per le auto e -50% per i furgoni), nonché di quella finale (zero CO2) nel 2035. Ma c'è anche chi confida in un colpo di scena sull'onda della dichiarazione del premier Giorgia Meloni («sui biocarburanti la partita non è persa») e, ieri sera, del ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto («contiamo che l'Ue non si dimostri irragionevole e sorda ai richiami che provengono da un Paese fondatore, impegnato a centrare, anche in anticipo, gli obiettivi che ci porteranno a essere un Continente energeticamente neutrale entro il 2050; siamo impegnati a fornire tutti gli elementi utili per far comprendere, in modo scientificamente e razionalmente inappuntabile, l'importanza di inserire i bio-fuels tra i combustibili verdi»). Anche per Clepa, l'associazione europea della componentistica, «l'Europa ha bisogno di un quadro politico coerente e solidale che incentivi la produzione e l'uso di tutte le tecnologie green disponibili». In gioco, infatti, resta sempre il destino di migliaia di imprese e posti di lavoro. Gianmarco Giorda, direttore di Anfia (filiera italiana), sostiene che «l'intesa sugli e-fuels vuol dire, per molte aziende di componentistica, avere un futuro anche nel motore termico». E aggiunge: «Restano da capire alcune variabili: se ci saranno, cioè, limiti numerici e se saranno inclusi anche i veicoli commerciali leggeri. I bio-fuels? Si vedrà, magari dal 2024 in poi...».

L'impatto dell'elettrico sull'indotto non cessa, intanto, di preoccupare.

Un recente studio Clepa-Pwc Strategies stima fino a 500mila i posti a rischio in Europa (120mila in Italia tra produzione e componentistica), di cui il 70% tra il 2030 e il 2035. Resta da capire, infine, che fine farà il previsto standard Euro 7 per i motori, giudicato dal settore eccessivamente costoso e con scarsi benefici ambientali.

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