Sorpresa: le nuove linee guida, o “mere raccomandazioni” per dirla a mo’ di Consiglio di Stato, dicono addio alla “vigile attesa”. Le due parole più contestate della “strategia” di Speranza nella cura domiciliare del Covid non compaiono più nella versione aggiornata dal ministero della Salute e inviata da viale Lungotevere Ripa 1 a tutti i medici italiani.
Il documento, allegato ad una circolare firmata dal direttore Giovanni Rezza e da Andrea Urbani (quello del “piano segreto” anti-Covid), tra le altre cose dà atto della nuova disponibilità nella lotta al coronavirus dei farmaci recentemente sdoganati dal Consiglio superiore di Sanità. “Attualmente - si legge nel documento - le terapie, sia con anticorpi monoclonali, che con antivirali, sono indicate per soggetti con Covid-19 lieve-moderato di recente insorgenza, non ospedalizzati e non in ossigenoterapia, che presentino fattori di rischio per lo sviluppo di forme gravi di malattia”. Buone notizie, ovviamente. Ed è comprensibile sia questa la novità che più di tutte ha catturato l’attenzione dei media. A leggere attentamente le “linee guida”, però, la vera notizia sarebbe un’altra. Pagina 10, principi di gestione della terapia farmacologica: nelle “raccomandazioni di gestione clinica” del paziente si suggerisce di monitorare i parametri vitali, misurare la saturazione, usare paracetamolo e antinfiammatori. Ma non si cita più la “vigile attesa”. Due parole che, anche a fare una ricerca nell’intero documento, non vengono mai utilizzate a differenza della precedente versione del 26 aprile 2021.
Non che cambi moltissimo, nella sostanza. L’idrossiclorochina resta sconsigliata. Così come gli antibiotici e le benzodiazipine. Inoltre si preferiscono trattamenti sintomatici con paracetamolo o Fans. E resta invariato anche l’invito ad un “costante e accurato monitoraggio” del malato. Insomma: la vigile attesa resta, ma non la chiamano più così.
È possibile che a suggerire al ministero di sbianchettare le due paroline siano state le molteplici polemiche sorte in questi due anni. Nei mesi scorsi il Comitato cure domiciliari aveva presentato ricorso al Tar e i giudici avevano dato ragione ai ricorrenti annullando la circolare. Decisione prima sospesa dal presidente Franco Frattini e poi ribaltata da una sentenza del Consiglio di Stato. Secondo le toghe amministrative, infatti, le linee guida emanate dal ministero altro non sarebbero che “mere raccomandazioni”. Non “prescrizioni cogenti”, dunque, ma “indicazioni orientative” che i medici di medicina generale devono considerare solo come “parametri di riferimento”. Il singolo dottore, si legge nella sentenza, “è libero di prescrivere i farmaci che ritenga più appropriati”, fatta salva la propria responsabilità e ovviamente basandosi su “evidenze scientifiche acquisite”. “La prescrizione di farmaci non previsti o, addirittura, non raccomandati dalle Linee guida non può̀ dunque fondarsi su un’opinione personale del medico - conclude la sentenza - priva di basi scientifiche e di evidenze cliniche, o su suggestioni e improvvisazioni del momento, alimentati da disinformazione o, addirittura, da un atteggiamento di sospetto nei confronti delle cure 'ufficiali' in quelle che sono state definite le contemporanee societés de la défiance, le società della sfiducia nella scienza”.
Una lettura dei fatti duramente criticata dai ricorrenti. “Il Consiglio di Stato ha dato una lettura drammaticamente politica delle linee guida che offende i parenti delle vittime e serve solo a salvare la poltrona del ministro Speranza”, dice al Giornale.it l’avvocato Eric Grimaldi. La contestazione è questa: se il ministero scrive di non usare certi farmaci, e di prescriverne altri, o il medico s’adegua oppure rischia responsabilità penali e provvedimenti disciplinari. “Perché in due anni non sono stati effettuati gli studi randomizzati sui farmaci utilizzati dai territori come più volte sollecitato e richiesto? - insiste Grimaldi - Dove sarebbe la libertà prescrittiva dei medici se la stessa viene poi circoscritta a determinati medicinali, impedendo di scegliere, in scienza e coscienza, la terapia più adatta al paziente Covid?”.
A far insospettire il Comitato ci sono anche le particolari tempistiche. La decisione del Consiglio di Stato è stata pubblicata il 9 febbraio. La nuova versione delle linee guida il giorno successivo. E per Grimaldi alcune delle modifiche striderebbero con la sentenza. Primo appunto: per i giudici amministrativi la “vigile attesa” non poteva essere “concepita come un rassegnato immobilismo”. Perché allora, si chiede l'avvocato, “queste parole sono sparite dalla nuova circolare?”. Secondo punto.
“Il Consiglio di Stato sosteneva che la prescrizione di non fare sull’eparina non fosse tale, eppure la nuova circolare sostituisce la dicitura 'non usare eparina' con un più generico 'non utilizzare routinariamente l’eparina', eliminando peraltro la limitazione ai soli allettati”. La domanda è: “Perché questo cambio di rotta se Consiglio di Stato riteneva non vincolanti le prescrizioni delle linee guida?”. Il Comitato promette esposti in procura. Non resta che attendere nuovi sviluppi. In vigile attesa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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