Sarà pure stata la mano del destino a far slittare a stamane il vertice a Palazzo Chigi tra Jean-Claude Juncker e il premier Giuseppe Conte. Ma il guasto all'aereo del presidente della Commissione europea non cambia la sostanza delle cose e della nuova partita che il governo si troverà tra breve a dover intraprendere nei confronti di un'Europa che vorrebbe essere rassicurata sulla fine della paralisi e una ripresa di iniziativa dell'Italia sul fronte economico, prima che la campagna elettorale prenda definitivamente il sopravvento.
Jean-Claude Juncker, tra l'altro, il suo punto di vista l'aveva già abbondantemente fatto conoscere l'altra sera, al programma di Fabio Fazio. Tanto da suscitare ieri una reazione inviperita del ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Un «non accettiamo lezioni da chi ci ha portato a essere fermi» che in verità non sembra poter costituire alibi né per i pessimi conti dell'Italia, né per il rallentamento della locomotiva tedesca (di conseguenza dell'intera Unione). Per Salvini «l'Europa di sicuro in questi anni non ha aiutato l'Italia, anzi ci ha danneggiato...». La sensazione netta è che la propaganda abbia sempre più le armi spuntate, di fronte allo scenario che si profila. E del quale ieri sera si sono trovati a discutere, per l'ennesima volta, il premier Conte e il povero ministro dell'Economia, Giovanni Tria, nelle vesti di capro espiatorio per aver confermato la recessione e finito sotto il tiro dei gialloverdi per i presunti intrecci e conflitti d'interessi tra lui e la consigliera Claudia Bugno e che, dicono leghisti e grillini, «lui non ha ancora chiarito». I dati sono dati, però. E il ministro, nonostante l'«imbarazzo e l'irritazione» ieri fatta trapelare da fonti dell'alleanza gialloverde, resterà al proprio posto (anche se ieri sera non sarebbero mancati momenti di forte tensione con il premier Conte). Tria viene anche accusato per il ritardo nel via libera al decreto per rimborsare i risparmiatori truffati dalle banche. Il pressing pentastellato, l'incalzare della Lega hanno portato a un compromesso: i rimborsi troveranno spazio nel decreto Crescita. Tra Def da presentare alle Camere entro il 10 aprile ed elezioni alle porte il caos è assicurato. «Sarà anche un caso, ma appena il ministro Tria ha detto la verità sui conti pubblici e sulla crescita zero, ammissione che certifica il fallimento del governo, dalla maggioranza è cominciato il tiro al bersaglio contro di lui...», notava salacemente la presidente dei senatori di Forza Italia, Annamaria Bernini. L'operazione di «cecchinaggio» avrebbe tra i protagonisti principali, secondo la Bernini, «il senatore grillino Gianluigi Paragone, candidato alla delicatissima presidenza della Commissione d'inchiesta sulle banche, e l'impressione è che si voglia eliminare un ministro diventato scomodo».
Ma se la poltrona di Tria in questa fase non dovrebbe traballare, diventa chiaro che i gialloverdi sono sempre più nervosi. La campagna delle Europee, almeno in Italia, rischia di diventare un flop. Anche perché in campo è sceso lo stesso presidente della Commissione Ue, che ieri era in Germania, a Saarbrucken, dove non ha perso l'occasione di una contropropaganda europea non scevra da scatti d'orgoglio per i risultati raggiunti. «Abbiamo creato 2,5 milioni di posti di lavoro, abbiamo fatto nuovi investimenti, la crescita è tornata ad aumentare in tutti gli Stati membri...».
A chi lo tacciava di essere capo della congrega di «tecnocrati», Juncker ha risposto sarcastico che «tra i più grandi successi della mia vita c'è anche che sono riuscito ad impedire che la Commissione armonizzasse gli scarichi delle toelette».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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