Vito Crimi vuole chiudere un occhio sulla mancata restituzione delle indennità di carica dei presidenti grillini delle commissioni in Senato. Il capo dei Cinque stelle teme che in caso di «punizione» i senatori salutino il Movimento facendo sgretolare la maggioranza, già risicata, che sostiene il governo Conte. Due giorni fa, negli uffici di Montecitorio, Crimi ha incontrato i gruppi parlamentari: è stata una riunione dai toni accesi. Al centro della discussione non solo il rinnovo, al giro di boa dopo due anni, dei vertici delle commissioni parlamentari ma soprattutto il tema delle indennità di carica. Da mesi, i presidenti pentastellati delle commissioni di Palazzo Madama trattengono anche la quota di stipendio legata alla carica. Violando uno dei capisaldi della battaglia grillina: lo stipendio va intascato senza la voce aggiuntiva. I colleghi di Montecitorio chiedono al capo dei Cinque stelle di assumere provvedimenti duri. Anche perché loro (i presidenti delle commissioni alla Camera dei deputati) le indennità di carica non le prendono. Ma Crimi tentenna. E nel faccia a faccia ha spiegato le ragioni: in caso di braccio di ferro si rischierebbero altri addii. E sarebbero guai per l'esecutivo Conte. L'ultimo addio è stato della senatrice grillina Alessandra Riccardi. La maggioranza giallorossa viaggia con appena 7 voti di scarto sulle opposizioni: bastano 4 senatori per ribaltare i numeri e mandare a casa l'avvocato del popolo. Dunque, la linea dei vertici dei Cinque stelle è di chiudere un occhio. Soprassedere. D'altronde è la linea seguita anche per i senatori che non restituiscono lo stipendio. L'espulsione servirebbe solo a ridurre i numeri della maggioranza in Senato. Matteo Salvini è alla finestra: aspetta il passo falso del M5S per soffiare altri senatori e dare la spallata all'esecutivo. Basta un piccolo litigio per spedire altri malpancisti tra le braccia del leader del Carroccio.
I grillini guidano a Palazzo Madama cinque commissioni. Soldi e poltrone fanno gola anche agli anti-casta per definizione. Ma non ci sono solo i presidenti delle commissioni. Tra gli indiziati grillini in odore di uscita ci sono Mattia Crucioli e Tiziana Drago. I due senatori smentiscono la trattativa con la Lega. Ma l'attenzione resta alta.
Il pressing non si ferma. Luglio sarà il mese decisivo: tra Dl rilancio, risoluzioni e provvedimenti in scadenza il governo è atteso al vero banco di prova. Il premier Giuseppe Conte si gioca tutto. Da Crimi è arrivato un aiutino.
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