Crisanti choc: "Niente scudo ai vaccinatori"

"Così si ammetterebbe che il siero è pericoloso". Anche l'ex pm Ingroia dice no

Crisanti choc: "Niente scudo ai vaccinatori"

È proprio vero che le morali spesso provengono dalle persone da cui meno te l'aspetti. A far rimanere sbalorditi sono soprattutto le parole del microbiologo Andrea Crisanti che si è messo di traverso contro la categoria di cui lui stesso fa parte, non condividendo l'idea di uno scudo penale per i medici vaccinatori, come chiesto dalla Federazione dopo l'iscrizione nel registro degli indagati per omicidio colposo dei medici e sanitari che hanno somministrato il vaccino AstraZeneca al militare, poi morto poche ore dopo.

Quello stesso Crisanti che a novembre, riguardo ai vaccini in procinto di essere autorizzati alla commercializzazione, dichiarò che «senza vedere i dati non farei il vaccino», oggi sostiene che i medici «sono semplici esecutori. Non c'è bisogno di questo scudo. Le persone sono consapevoli degli eventuali effetti collaterali, non c'è nessuna connessione fra i pochissimi decessi e la vaccinazione. Sarebbe come dover ammettere che il vaccino sia pericoloso, cosa che non è».

In quanto a lezioncine di condotta anche l'ex procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, è un vero maestro. Ieri si è travestito da legislatore (oggi fa l'avvocato) per dire che «un'impunità totale sarebbe una follia, perché ci può essere anche il caso del medico che per imperizia causi conseguenze dannose al paziente». Proprio lui che ha usufruito di quella stessa impunità per anni, in qualità di pm, secondo la massima che se un magistrato sbaglia, non paga mai. «Si dice che si vorrebbe limitare lo scudo ai casi di dolo e colpa grave in relazione alle imprevedibili reazioni negative del vaccino continua Ingroia - ma il magistrato inevitabilmente dovrà iscrivere il medico nel registro degli indagati prima dell'autopsia. Quindi questo tipo di soluzione non risolverebbe il timore dei medici di essere indagati. Cosa che è inevitabile per la tutela della prova».

Mentre da sinistra si intravede un'apertura (il ministro Speranza sostiene che ci si può pensare) e anche il sottosegretario alla Salute Sileri (M5s) ritiene sia opportuno, Ingroia insiste: «Se il medico è tranquillo con la sua coscienza e fa il suo dovere, il fatto che ci sia il rischio di essere indagato, mi pare un modo di anteporre le proprie esigenze personali alla tutela della salute e della comunità. Un modo un po' egoistico di approcciare la questione».

Quindi ad Ingroia non deve aver pesato il fatto di essere stato indagato per peculato e poi condannato a un anno e dieci mesi di carcere.

Dà addosso ai potenziali privilegi di una categoria che non conosce, quando proprio lui è stato il primo ad accaparrarsi benefici ben più grandi, sia da magistrato, sia da inviato Onu in Guatemala, ma soprattutto da liquidatore della società Sicilia e-Servizi ricevendo, per soli tre mesi di lavoro, il compenso di un anno intero (150mila euro), con 35mila euro di bonus rimborsi per viaggi e hotel di lusso e, non contento, autoliquidandosi un'indennità di risultato di 117mila euro. La Casta dovrebbe avere lui come modello.

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